Cartellone / Teatro

Coltelli nelle galline

Archivio / Teatro

Coltelli nelle galline

Era mio compito e responsabilità far sì che la parola carnale e violenta di David Harrower diventasse azione e vita, seducendo, liberando, facendosi coscienza.

dalle note di regia di Andrée Ruth Shammah

Spettacolo insolito nel percorso artistico di Andrée Shammah, su un potente testo del pluripremiato autore scozzese David Harrower. La sua parola scenica è poetica e carnale, vicina alla terra, alla natura, agli elementi essenziali della vita.

In un ambiente rurale gravitano tre vite autonome, tre solitudini a confronto, primitive ed originali. Un triangolo sentimentale – interpreti Eva Riccobono, Maurizio Donadoni e Pietro Micci – attorno a cui ruotano gli intimi interrogativi della donna alle prese con le scoperte della vita.

La scena firmata da Margherita Palli si sviluppa su due livelli, raccontando con modellini in scala i luoghi rurali agiti dagli stessi attori, ed esaltando con una stilizzazione dello spazio scenico l’eco contemporanea del testo.

Uno spettacolo di significante eleganza.

Magda Poli - Corriere della Sera

La regia di Andrée Ruth Shammah è tanto lineare, quanto intensa. Chiara. Densa di dettagli, appoggiati ad aggiungere significato. Come l’uso della “figurina” di se stessa, che la Giovane Donna stringe sempre fra le mani e posiziona via via nelle diverse miniature delle case, per sottolineare dove è intrappolata in quel momento della storia, fino a sparire quasi inavvertitamente tra gli oggetti di tutti i giorni quando inizia il cammino di crescita.

– Tuttoggi


Al Festival di Spoleto, con la sapiente regia di Andrée Ruth Shammah, una serata di grande spettacolo che ci invita a superare i luoghi comuni, a porci degli interrogativi e ci guida attraverso la capacità di liberazione che ha la parola a capire chi siamo e a cambiare per diventarlo.

– Spoletonews.com


Va dato atto alla regia di Andrée Ruth Shammah d’aver individuato bene in Eva Riccobono l’armonia di una chiusura ribelle femminile in un mondo scabro e visionario.

– Rodolfo di Giammarco, Robinson, la Repubblica

NOTE DI REGIA

Il testo era lì, in un angolo della mia memoria e lavorando con Eva Riccobono intorno a un progetto sulla follia, è tornato fuori, è diventato una sfida, un’opportunità e poi una necessità. È stato un lavoro fatto di tante, tantissime piccole fatiche, oltre naturalmente allo slancio creativo che un regista non può non avere quando decide di far vivere un testo che gli è arrivato sulla carta e che in qualche modo va scritto sulla scena per fare di ogni parola un pensiero sul mondo, un sortilegio, una scoperta.
Il nostro è un tempo in cui tutto si produce e si consuma in fretta, scorre veloce e ci manca la calma, un momento per fermarci, riflettere e analizzare i meccanismi che stanno dietro a tutto quello che ci circonda e questo accade anche in teatro. Credo sia importante però non perdere di vista quello che è il processo e il meccanismo per cui si passa dalla parola scritta alla messa in scena, “l’alfabeto del teatro”. La regia è il grande occhio che ci mostra quello che vede. Ogni parola è sede del suo pensiero sul mondo, e l’attore lo segue, lo esegue. E così gli altri. Bravissimi. Importanti. Esecutori.
Era mio compito e responsabilità far sì che la parola carnale e violenta di David Harrower diventasse azione e vita, seducendo, liberando, facendosi coscienza.
Dalla scelta di ogni singola frase derivava un modo preciso di pronunciarla ed ecco il lavoro di scavo recitativo che ne è seguito come naturale sviluppo. Per ciascun attore ogni movimento doveva essere non solo funzionale ma anche espressivo, evocativo, e così ho cominciato a far spostare agli attori i modellini in scala – sapientemente ideati da Margherita Palli – che moltiplicano i piani della visione in un gioco di progressiva astrazione e messa a fuoco, un delicato equilibrio tra il dentro e il fuori.
La storia, anzi, la favola, perché di questo si tratta, è divisa in 24 quadri potenti, di difficile ma affascinante impaginazione, e doveva essere raccontata con ritmi incalzanti. Ogni scena comincia che è già iniziata e termina quando non è ancora finita, rimandando a quella successiva. Non è stato facile evitare la frantumazione e mantenere viva la tensione del racconto e degli attori, quadro dopo quadro, immaginando di aumentare, nel pubblico, l’attesa per quello che sta per avvenire. Anche per questo, per coinvolgere ulteriormente lo spettatore, il palco è posto a meno di un metro dal pubblico, catapultandolo all’interno delle scene, rendendolo così parte dello spettacolo.
Video, musiche, cambi di scena, modellini, sacchi di farina che vanno e vengono, tutto è stato pensato e costruito per coinvolgere lo spettatore non solo razionalmente ma per metterlo nella condizione di lasciarsi prendere per mano. Capire senza troppo interrogarsi, riflettere attraverso “il sentire”.
Dopo il debutto al Napoli Teatro Festival e al Festival Dei 2Mondi di Spoleto ho provato una piacevole sensazione di sicurezza nel sapere che la fiducia che avevo riposto in questo lavoro e le intenzioni che mi hanno spinta a mettere in scena questo spettacolo, siano state comprese dal pubblico, e che il mio lavoro sia riuscito a sollecitare intellettualmente ed emotivamente lo spettatore, a toccare profondità, conoscenza e tensione interiore. Non posso che augurarmi che continui così!

Lo spettacolo ha debuttato in Prima Nazionale al Festival – Napoli Teatro Festival Italia 2019 (29 e 30 giugno) e in scena a Spoleto 62 Festival dei 2Mondi 2019 (dal 5 al 14 luglio).

A Spoleto 62 Festival dei 2Mondi, Eva Riccobono ha ricevuto il premio Repubblica come miglior attrice emergente (nella foto tra il critico Rodolfo di Giammarco, a sinistra, e il direttore del festival Giorgio Ferrara).