di Alessandro Fo
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
scene e costumi Gianmaurizio Fercioni
musiche Fiorenzo Carpi
con Flavio Bonacci, Giovanna Bozzolo, Claudia Colombo, Secondo Degiorgi, Michele De Marchi, Rosa Di Lucia, Teodoro Giuliani, Alberto Mancioppi, Pierluigi Picchetti, Michele Rovini, Marina Senesi, Cristina Terzoli
Ripreso nella stagione 1991-92 con Flavio Bonacci, Giovanni Battaglia, Susanna Beltrami, Claudio Calafiore, Carla Chiarelli, Secondo Degiorgi, Michele De Marchi, Giorgio Groppi, Mario Pardi, Maurizio Schmidt, Marina Senesi, Giovanni Battista Storti
Si chiamava la Terra desolata, una trilogia composta da: Tristano e Isotta, Perceval e la Morte di Re Arthur. L’operazione prevedeva l’ampio uso di materiale filmato, un’operazione “multimediale” – in qualche modo – e doveva diventare un progetto per la televisione. Questo, molti anni fa.
Questa primavera quando, dopo molti tormenti, decisi di continuare da sola l’avventura del Pier Lombardo, una cosa sentii dentro di me: se mai fossi riuscita a superare lo shock di ritrovarmi tra queste mura senza Franco, ci sarei riuscita solo facendo vivere a quel luogo anche fisicamente lo sconquasso, lo sconvolgimento che non potevo non dichiarare violentemente. Le cose, per sempre, non erano più quelle di prima; anche se, solo nel nome di Franco e nel suo insegnamento io potevo continuare.
E così, richiamando vicino a me Maurizio Fercioni, che aveva avuto una parte così importante nella nascita del Pier Lombardo, cominciai a fantasticare sul possibile luogo di una ipotetica rappresentazione. Un luogo spoglio, dove il sotto, il dentro venisse denudato, che avesse addosso la nostra storia, che richiamasse in qualche modo i nostri spettacoli più cari, ma che fosse nello stesso tempo altro: una pagina bianca, fatta di un materiale denso di storia. Un luogo propizio per raccontare, liberamente, storie lontane.
E il luogo che nasceva lentamente dentro di me faceva emergere memorie, sogni sopiti, ricordi confusi. Così mi tornò alla mente il mondo della cavalleria che avevo conosciuto dentro i testi di Alessandro Fo.
Cominciai a leggere tutte le fonti che con onestà intellettuale e scrupolo storico venivano citate alla fine di ogni testo della Terra desolata e mi appassionai davvero tanto alla vicenda di Perceval e della sua ricerca del graal. Certo, anche la storia di Tristano e Isotta non mi usciva dalla testa. Cosi decisi che lì, in quel teatro immaginario avrebbero preso corpo e vita quelle due vicende. […] Vita nel luogo fisico che le aveva ispirate e che con Maurizio stavamo facendo nascere nel Pier Lombardo diventato Teatro Franco Parenti.
8 gennaio si passa dalla sala prove in teatro.
Che emozione entrare con uno spettacolo, in fondo solo immaginato fino a quel giorno, nella fascinazione del luogo. Le musiche che Fiorenzo Carpi nel frattempo era riuscito a comporre, quasi per magia, interpretando con amore ciò che andavo spiegandogli in termini essenzialmente emotivi, riempivano lo spazio di dolcezza e di poesia.
Gli attori cominciano a indossare gli enormi mantelli della recita che una squadra di ragazze avevano cucito tutti a mano, enormi patch works che dovevano dare il gusto dell’epoca per le stoffe e i colori e che, più di tante mie parole ora, aiuteranno il pubblico a seguire in modo diverso le due vicende: le stoffe colorate da una parte, le armature e le cavalcate dall’altra.
Flavio Bonacci fa esplodere il suo Perceval nello spazio, correndo felice con il suo cavallino, Philippe Hottier, chiamato da Parigi per mettere a punto e organizzare i movimenti dei cavalieri a cavallo e i duelli, fa fare agli attori degli esercizi vocali e fisici con una irruenza alla quale in Italia non si è abituata. E musica, urla, rumore di corazze, mantelli, colpi di martello, ansie mie e miei accanimenti dovrei ora raccontare, l’ultima tappa di questa nostra avventura.
Ogni teatro ha un suo metodo per raggiungere negli ultimi giorni la vitalità necessaria per affrontare un pubblico.
E se il mio ha funzionato lo vedrete nello spettacolo che “dedico con amore a mio figlio Raphael Tobia, che si è tanto appassionato al mondo della cavalleria”.
Rappresentazione di alta e fresca comunicatività, folta di invenzioni, sempre calda e dilettosa, davvero e brillantemente avventurosa.
– Odoardo Bertani, Avvenire