Archivio / Teatro

La leggenda del santo bevitore

a grande richiesta, nuove repliche fino al 19 Febbraio

Archivio / Teatro

La leggenda del santo bevitore

a grande richiesta, nuove repliche fino al 19 Febbraio

Andrée Ruth Shammah sceglie di riallestire lo spettacolo che quindici anni fa vide protagonista Piero Mazzarella con una memorabile interpretazione.

In scena il testo di Joseph Roth che, con la sua anima di poeta, ha regalato in poche pagine, limpide e asciutte, una di quelle storie che fanno subito breccia nel nostro cuore.

Sarà il maestro Carlo Cecchi, con quella sua voce roca, quel suo tono ironico e distaccato, a disvelare la parabola del protagonista Andreas come un’inquietante discesa nel delirio, ma soprattutto nell’impotenza, di quella oscurità ubriaca e piena di lampi che scandisce i suoi ultimi istanti di vita.


Così la stampa:

La lettura di Ruth Shammah è fortemente simbolica. La sua elaborazione drammaturgica è ricca di suggestioni e articolata su vari livelli interpretativi. (…) Insomma, la Shammah ci ha offerto, ancora una volta, una gran bella pagina di teatro.
Maurizio Carra – Teatrionline

Rifuggendo il pittoresco, giocando in penombra, alla regista milanese basteranno gli accenni di qualche nostalgica canzoncina e una scena minima che rappresenta un bistrò le cui pareti ricevono le immagini di una Parigi piovosa e d’antan (…) lo spettacolo è di quelli che possono lasciare un segno.
Domenico Rigotti – Hystrio

La fine regia di Andrée Ruth Shammah situa la vicenda, che assume i colori dell’apologo, in un bar anni Trenta (…) e tratteggia l’impossibilità di agire del protagonista, la sua vicenda raccontata come un’inquietante discesa nel delirio, ma sopratutto nell’impotenza, in quella oscurità ubriaca e piena di lampi che scandisce i suoi ultimi istanti di vita.
Maria Grazia Gregori – L’Unità

Quanto alla lettura è tutt’altro che tradizionale. La vita sregolata di Andres, nella visione di Shammah, è priva di sensi di colpa e conduce comunque a una bella morte, chiusura di un’esistenza vissuta in un secondo.
Igor Principe – Il Giornale