di Joseph Roth
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
con Carlo Cecchi
e con Roberta Rovelli e Giovanni Lucini
spazio scenico disegnato da Gianmaurizio Fercioni
con le suggestioni visive di Luca Scarzella e Vinicio Bordin
luci Marcello Jazzetti
costumi Barbara Petrecca
produzione Teatro Franco Parenti
In scena il testo di Joseph Roth che, con la sua anima di poeta, ha regalato in poche pagine, limpide e asciutte, una di quelle storie che fanno subito breccia nel nostro cuore.
Sarà il maestro Carlo Cecchi, con quella sua voce roca, quel suo tono ironico e distaccato, a disvelare la parabola del protagonista Andreas come un’inquietante discesa nel delirio, ma soprattutto nell’impotenza, di quella oscurità ubriaca e piena di lampi che scandisce i suoi ultimi istanti di vita.
Così la stampa:
La lettura di Ruth Shammah è fortemente simbolica. La sua elaborazione drammaturgica è ricca di suggestioni e articolata su vari livelli interpretativi. (…) Insomma, la Shammah ci ha offerto, ancora una volta, una gran bella pagina di teatro.
Maurizio Carra – Teatrionline
Rifuggendo il pittoresco, giocando in penombra, alla regista milanese basteranno gli accenni di qualche nostalgica canzoncina e una scena minima che rappresenta un bistrò le cui pareti ricevono le immagini di una Parigi piovosa e d’antan (…) lo spettacolo è di quelli che possono lasciare un segno.
Domenico Rigotti – Hystrio
La fine regia di Andrée Ruth Shammah situa la vicenda, che assume i colori dell’apologo, in un bar anni Trenta (…) e tratteggia l’impossibilità di agire del protagonista, la sua vicenda raccontata come un’inquietante discesa nel delirio, ma sopratutto nell’impotenza, in quella oscurità ubriaca e piena di lampi che scandisce i suoi ultimi istanti di vita.
Maria Grazia Gregori – L’Unità
Quanto alla lettura è tutt’altro che tradizionale. La vita sregolata di Andres, nella visione di Shammah, è priva di sensi di colpa e conduce comunque a una bella morte, chiusura di un’esistenza vissuta in un secondo.
Igor Principe – Il Giornale