Sik-Sik. Azul. Gioia, furia, fede y eterno amor

12 Aprile 2023

Azul. Gioia, furia, fede y eterno amor
di Bianca Vittoria Cattaneo

Pinocchio, Adamo, Frankenstein e il Golem: questi i nomi che portano i quattro personaggi di Azul, andato in scena con Stefano Accorsi e diretto dal regista svizzero Daniele Finzi Pasca. A tratti magico e favolistico, lo spettacolo miscela visioni immaginifiche e realtà, sovrappone luoghi e pensieri; arriva a mescolare lo spazio della rappresentazione con lo spazio della platea rompendo la quarta parete e non rinuncia nemmeno ad alcune parentesi d’improvvisazione. Il palco ospita i quattro protagonisti sempre contemporaneamente. Si muovono in scena sullo schema del quartetto: come se fossero una formazione musicale, un po’ strumentisti e un po’ attori, interagiscono continuamente. La conversazione procede attraverso gesti e musica grazie alla virtuosità di Sasà Piedepalumbo e di Luigi Sigillo, il primo al contrabbasso e il secondo al pianoforte e alla fisarmonica. La comunicazione verbale invece è affidata soprattutto a Pino (Pinocchio/Stefano Accorsi), che racconta la loro storia di veri tifosi. Parliamo di formazione anche per avvicinarci ad un altro contesto, quello centrale della rappresentazione: il gruppo di amici, infatti, si distingue per la profonda fede calcistica che li lega alla loro squadra del cuore, il Nacional, club calcistico con sede a Montevideo, Uruguay.
La passione quasi folle per il calcio permette loro di sopravvivere nel mondo, che, anche se raccontatoci sovrapponendo fantasie, ricordi e realtà, risulta crudele e concreto. Gli amici devono fare i conti con situazioni difficili come un arresto per rissa dopo una partita, il ricovero in ospedale di uno dei quattro o la perdita di un figlio. Il tutto, però, è necessariamente affrontato in gruppo, in una fratellanza cui emblema è la scena iniziale della seduta psicologica in cui tutti sono allo stesso tempo pazienti e dottori. Se il fútbol è ciò che li ha sempre tenuti assieme, il pretesto che ha permesso il loro avvicinamento è suggerito dai loro quattro nomi. Pinocchio costruito, Adamo creato, Frankenstein inventato e Golem plasmato, tutti quanti sono nati solamente da padre. Senza madre e venuti al mondo in un modo che li ha resi simili nella loro unicità, sono personaggi che sembrano essere stati creati per unirsi più che per esistere in sé, come facce diverse di un unico io. La vita di quattro diventa la vita di uno nell’identità di un io che ha come colonna sonora della sua vita il canto in onore del Nacional e come divisa una maglia celeste.
Circa a metà spettacolo anche la platea è invitata a partecipare al dialogo del gruppo di amici. Stefano Accorsi si rivolge al pubblico e pone una domanda: «Qualcuno si è mai interrogato sul momento esatto in cui è stato concepito?». È una domanda curiosa, che suscita ilarità tra le file della sala ma che ci obbliga a riflettere sul nostro destino. Se non fosse stato per quell’istante non saremmo mai nati; è il momento primo che ha prodotto la vita. Sembra che l’attore, un po’ nei panni di sé stesso e un po’ nei panni di Pinocchio, voglia conoscere i nostri istanti primi per poi custodirne gelosamente il ricordo, probabilmente con l’obiettivo di sopperire la mancanza del suo istante mai avvenuto a causa della nascita monogenitoriale.
La scenografia non è costruita in modo da riprodurre un unico ambiente ma presenta una giustapposizione di elementi. È un contenitore di strumenti musicali e di oggetti scenici, riuniti in un luogo che pare essere stato plasmato direttamente a partire dalla mente dei quattro uomini. Una stanza che ricrei un mondo fittizio e tutto mentale, che possa essere uno spazio sicuro da condividere e per condividere. Il tutto è legato visivamente da uno schermo su cui scorrono scie fluide e colorate che si intersecano; sembrano quasi riprodurre pensieri che vibrano e scorrono. Sonoramente, invece, domina il coro per il Nacional, che viene riproposto più volte fino allo spettacolare finale in cui ormai tutto il teatro canta: «Azul, azul, el corazon Azul, el alma y revancia, fe y eterno amor!».

 

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