Per un’ora d’amore
di Claudia Maria Baschiera
Mentre si accende l’insegna luminosa della Pensione Lisbona, una donna affascinante e ben vestita entra nell’atrio, appendendo cappotto, foulard e borsa all’appendiabiti come se fosse un atteggiamento abituale. È La signora del martedì (Giuliana De Sio), come la chiama Bonamente (Riccardo Festa), unico e stabile ospite dell’hotel un tempo pieno di vita. Da anni ogni martedì la Signora si reca nella pensione per comprare un’ora d’amore con l’uomo, ex pornoattore ora gigolò. Quel giorno, però, la proprietaria Alfredo (un Paolo Sassanelli en travesti) deve accogliere uno sconosciuto, particolarmente interessato a parlare con la donna senza nome. La Signora cela infatti la sua vera identità dietro uno pseudonimo: a buon diritto, perché il suo nome reale (Alfonsina Malacrida) è legato ad una vicenda agghiacciante, pronta ad essere svelata dall’uomo misterioso.
Pietro Maria Belli, così si chiama il nuovo cliente, è un giornalista ostinato e deciso ad ottenere un’intervista (a suo dire) con la donna, di cui conosce l’oscuro e macabro passato. Eppure, in quell’atrio nessuno è innocente, ma ognuno dei personaggi ha degli scheletri dell’armadio, svelati coscientemente e con ambiguità nel corso della rappresentazione, senza troppa fretta.
Con La signora del martedì Pierpaolo Sepe porta a teatro il romanzo omonimo di Massimo Carlotto in una trasposizione (dello stesso Carlotto) multiforme, che se per la prima metà rispetta i canoni di una commedia, dopo l’intervallo si trasforma in giallo, poi in dramma, quindi in tragedia. A cambiare, insieme al registro della storia, è anche la stessa protagonista. Giuliana De Sio interpreta una donna in principio enigmatica e dallo sguardo truce, allontanatasi dal mondo per non rivivere il suo passato negli occhi degli altri. Con lo scorrere dei minuti, una confessione dopo l’altra, Alfonsina si tramuta in scrittrice, assassina, prostituta, bambina. In ogni sua parola pare trasparire la sofferenza di un’adolescente ingiustamente accusata, costretta ora a stare nella stessa stanza con un uomo tristemente familiare. Alessandro Haber è un Pietro Maria Belli senza scrupoli, gratuitamente crudele e convinto di trovare un barlume di amore in un’ossessione che si protrae da decenni.
L’atrio della Pensione Lisbona sembra diventare sempre più piccolo, claustrofobico, mentre i personaggi si attaccano e confessano le loro umane sciagure, accompagnate da malinconiche canzoni italiane di tempi più felici. Si conclude con un tango illuminato da un occhio di bue, il dramma. Null’altro, per Alfonsina e il Belli, esiste al di fuori di quel ballo, ora che le loro vite sono fatalmente legate. Tutto, per un’ora d’amore.