uno spettacolo di lacasadargilla
parole di e con Caterina Carpio, Tania Garribba, Emiliano Masala, Giulia Mazzarino, Francesco Villano
drammaturgia del testo Fabrizio Sinisi
regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
drammaturgia del movimento Marta Ciappina
cura dei contenuti Maddalena Parise
spazio scenico e paesaggi sonori Alessandro Ferroni
luci Luigi Biondi
costumi Anna Missaglia
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Metastasio di Prato, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
Spettacolo presentato in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Premi UBU 2023
Miglior Regia: Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
Miglior Attore/Performer: Francesco Villano
Una scrittura originale strutturata per flash, incontri, incidenti e costituita da partiture fisiche al confine di una danza, disegna una storia che indaga la solitudine come reazione a desideri irrealizzati o all’irreversibilità degli eventi.
Ispirandosi a una notizia vera – nel Gennaio 2018 la Gran Bretagna ha nominato ufficialmente un ministro della Solitudine, il primo al mondo, per far fronte ai disagi che questa può provocare a livello emotivo, fisico e sociale – lacasadiargilla riflette su un luogo, reale e immaginifico, dove mettere a tema queste domande: Come si classifica una persona sola? C’è un “sussidio di solitudine”? In cosa consiste e chi ne ha diritto? Quali sono i requisiti necessari per rientrare nella categoria dei “soli”? È lo scandalo della solitudine. È l’affollamento degli assenti nelle nostre vite, siano essi vivi, deceduti, spettri o incontri mancati.
Una coreografia di silenzi, accensioni e spostamenti impercettibili, dove solo lo spettatore ha la visione d’insieme delle cinque storie individuali e simultanee, ignare una dell’altra, eppure in accordo come un’orchestra di voci collegate fra loro dallo scivolare dei personaggi nelle rispettive vicende.
– Francesco Ferasin, Il fatto quotidiano
[…] Gli interpreti – la Carpio nel ruolo di Teresa, la Garribba in quello di Simone, Masala in quello di Primo, la Mazzarino in quello di Alma e Villano in quello di F. – sono assolutamente bravi proprio perché la loro recitazione costituisce lo specchio fedelissimo dell’ambiente astratto in cui si muovono: un non-luogo mentale tessuto di freddi tubi di neon.
– Enrico Fiore, Controscena
In una danza concertata di incontri mancati o solo sfiorati, le cinque figure si muovono all’interno di uno spazio scenico che le luci nevrotiche e la partitura sonora rendono ovattato, come pesci rossi in un grande acquario. Esistono senza coesistere. La scrittura della scena si mantiene su un equilibrio precario di linguaggi sovrapposti, che a volte minacciano di scardinarsi, ma unisce straordinariamente bene la dimensione tragica a quella comica, facendo oscillare lo spettatore tra l’angoscia, il riconoscimento e la sensazione scomoda di aver riso delle disgrazie altrui.
– Ludovica Campione, Doppiozero
Sono piccoli drammi simili a bolle colorate di sapone che esplodono sotto le pennellate di una regia a tocchi lievi, le scene vagamente pop, una coralità carpita da un confessionale laico.
– Rossella Battisti, Rumor(s)cena
La scena tutta esplode di cura: le parole sono un coro di scritture in cui ciascuno è autore e autrice del proprio personaggio.
– Andrea Zangari, Teatro e critica