Andato in scena per la prima volta a Londra nel 1960, Il calapranzi (The Dumb Waiter) è uno dei testi più emblematici del drammaturgo Premio Nobel Harold Pinter.

Tra echi kafkiani e riflessioni filosofiche, Dario Aita e Giuseppe Scoditti diretti da Roberto Rustioni, portano in scena una sorta di “varietà” dell’assurdo, nel quale possiamo riconoscere tutte le preoccupazioni e le angosce della nostra epoca.

I protagonisti, Ben e Gus, sono due killer confinati in uno squallido e asfittico seminterrato, in attesa di istruzioni sulla vittima designata. Un misterioso mandante comunica con loro attraverso un montacarichi – il calapranzi appunto. Tra l’autoritario nervosismo di Ben e la pacata rassegnazione di Gus si configura una situazione surreale.

Pinter esplora la dimensione misteriosa della condizione umana, rivelando il nascosto, il non detto, ciò che non si vede ma conta più di ogni altra cosa.

Da tempo avevo il desiderio di lavorare su Harold Pinter non solo perché è uno degli scrittori di teatro più affascinanti e stimolanti che un regista possa affrontare, ma soprattutto perché è uno dei pilastri su cui si fonda la poetica della modernità. Insieme a Čechov, Beckett e Joyce, esplora la dimensione misteriosa della condizione umana mettendo in atto nella sua scrittura il nascosto, il non detto, ciò che non si vede ma che conta più di ogni altra cosa.

– Roberto Rustioni

18 Febbraio - 2 Marzo 2025

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