tratto da Falstaff di Giuseppe Verdi
drammaturgia musicale Anna Pedrazzini
drammaturgia Beatrice Baruffini e Nadia Milani
regia Nadia Milani
realizzazione maschere Federico Meneghel
produzione AsLiCo
In scena la storia di uno scaltro burattinaio che per uscire dalla sua condizione di povero artista squattrinato, invia due lettere identiche destinate a due pupazze ricche e famose. Si finge innamorato di entrambe per rubar loro ogni ricchezza e realizzare così il sogno di comprarsi un grande teatro. Ma le pupazze sono ben più astute di lui, capiscono la farsa e decidono di vendicarsi. Lo sottoporranno a scherzi e burle perché con l’amore, non si scherza!
Una rivisitazione dell’opera che vuole mettere luce su quanto possa essere divertente una vendetta se agita con astuzia, sulla forza del femminile e sull’importanza di prendere spesso la vita come un gioco, con l’ironia e l’intelligenza necessarie a far si che “tutto nel mondo è burla!”.
NOTE DI REGIA, Nadia Milani
Falstaff è un’opera grandiosa. Sin da subito ho capito che lavorare al “mio” Falstaff, sarebbe stata una scommessa non facile: era stimolante e contemporaneamente paurosa l’idea di mettere mano a un’opera tanto puntuale ed efficace in ogni suo elemento compositivo. Nella mia visione, ho immaginato per i bambini e le bambine un mondo che conoscono e riconoscono e che può metterli, sin da subito, a loro agio. Falstaff diviene così una sorta di burattinaio Mangiafuoco, un vecchio artista scanzonato e in malora che, a corto di danaro, cerca stratagemmi per sopravvivere, costruisce intrighi e cerca soluzioni, come, d’altronde, accade spesso a noi artisti! Ma, il Burattinaio solitamente è un puro, non tradisce, non imbroglia. Quindi, questa volta, sono i suoi burattini e le nostre pupazze ad avere onore, loro che appartengono al mondo della finzione, divengono nella mia rivisitazione, l’unica cosa vera. Sono loro a essere onesti, sono loro che, proprio come i bambini e le bambine, davanti all’imbroglio ridono, si divertono, ma poi desiderano rimettere tutto al loro posto. Tutti e tutte vogliamo bene a Falstaff, ma sappiamo che va “smascherato”! Arrivo qui anche dopo un ragionamento sulla fine e straordinaria scrittura drammaturgica di Boito (e ancor prima di lui del genio shakespeariano) che in alcuni suoi punti sembra proprio essere scritta per dialoghi tra burattini, con quella velocità, quel cinismo, quella scaltra ironia che disegna un perfetto ordito per una delle arti più antiche al mondo. Inoltre, i personaggi dell’opera, ricalcano alcune figure fisse della commedia dell’arte, e allora scelgo le maschere, per travestire i miei personaggi e uniformarli al mondo che voglio disegnare. Le figure femminili sono le più interessanti, non sono arrendevoli, ma giocano e scelgono. Sono complici per lo stesso fine. Sono scaltre, allegre, consapevoli. Sono donne che prendono decisioni, che affinano inganni, non si lasciano intimidire dalle figure maschili, ma sono proprio le donne a essere le deae ex machina dell’intera opera. E, se questo mostrare il femminile così fiero poteva essere rivoluzionario ai tempi di Verdi, io credo che, ahinoi, possa essere molto importante ancora oggi, per tutti i motivi che conosciamo. Soprattutto parlarne all’infanzia, senza forzature ma cogliendo ogni occasione, ci permette di attivare quello che, per me, è una delle maggiori funzioni del teatro per le nuove generazioni. Entriamo così in un mondo che si trasforma in continuazione, popolato da maschere, burattini, piccole e fugaci ombre e marionette, un mondo senza tempo, che ricorda le fotografie di tempi andati con la vividezza del presente, un mondo con cui ben si sposa la magia dell’ultimo atto del Falstaff… quel mondo in cui tutto è burla