«Chi come me» di Roy Chen, con la regia analitica di Andrée Ruth Shammah, in scena al Franco Parenti, dal 23 Settembre al 28 Ottobre, è lo spettacolo che ha emozionato e commosso il pubblico milanese, non solo per le qualità estetiche, ma anche per i temi che affronta e che riguardano le ansie, le fragilità, i malesseri, i disordini mentali di una generazione «sospesa», ma che sono anche causa di disturbi psichiatrici e di ricoveri in case di cura. Al teatro, da un po di tempo si chiede di tutto e di più, lo si utilizza per risolvere problemi sociali, comunitari e, in particolare, per le sue capacità di intervenire nelle menti di chi soffre, mostrando tutta la sua potenza curatrice. La formula del «Teatro che cura» risale al tempo della Legge Basaglia, in anni recenti è stata utilizzata da istituzioni teatrali che si sono assunte il compito di lavorare con i diversamente abili, con il contributo delle Asl e di Fondazioni come quella di Guido Venosta che promuove l’educazione del pubblico verso i più alti ideali della solidarietà, attraverso percorsi di accoglienza, per il sostegno dei disabili fisici e mentali. Alla Fondazione, Andrée Ruth Shammah ha fatto un dono molto prezioso, costruendo uno spettacolo esemplare, grazie ad una regia che facendo uso del metodo della sottrazione, ha raggiunto dei ti che restituiscono, allo spettatore, il gusto di emozionarsi e di partecipare attivamente ai problemi di tanti giovani che hanno dovuto accettare la tossicità della loro esistenza. Da tempo, Andrée utilizza un metodo registico che, attraverso la eliminazione del superfluo, le permette di raggiungere le vette della poesia, motivo per cui lei è rimasta l ultima custode di un metodo che risale a Strehler.