di Giovanni Testori
adattamento per tre voci e regia Valter Malosti
con Federica Fracassi
e Vincenzo Giordano, Giulia Mazzarino
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Gianluca Sbicca
cura del movimento Marco Angelilli
progetto sonoro Valter Malosti
suono e programmazione luci Fabio Cinicola
produzione Teatro Franco Parenti / TPE – Teatro Piemonte Europa / Centro Teatrale Bresciano / Teatro di Dioniso
con il sostegno di Associazione Giovanni Testori
si ringraziano Giuseppe Frangi, Paola Pedrazzini, Noemi Apuzzo e Maria Caggianelli Villani
Valter Malosti e Federica Fracassi, entrambi pluripremiati dalla critica italiana, tornano a lavorare insieme portando in scena la feroce confessione di Marianna De Leyva, la Monaca di Monza.
Nella versione di Testori come in soggettiva cinematografica la protagonista, da morta, rivive la vicenda fin dal suo proprio concepimento avvenuto con atto brutale del padre su una delicata figura di madre, per poi passare a rievocare il disperato amore per Gian Paolo Osio, vero e proprio eroe nero e sanguinario che finisce i suoi giorni barbaramente trucidato.
Malosti dirige la Fracassi, interprete sensibile alle nuove drammaturgie, votata alle scritture più visionarie, feroci, poetiche degli ultimi anni e già intensa interprete dell’universo femminile testoriano (nei panni di Erodiàs, Cleopatràs e Mater Strangosciàs).
Una performance violentemente poetica, amplificata dalle voci dei giovani attori che accompagneranno la Fracassi in scena.
Sentenza emessa dal Vicario Criminale nei confronti di suor Virginia Maria De Leyva
Nel nome di Gesù Cristo. Amen. Noi, Mamurìo Lancilotto ecc., e nella causa e nelle cause che vertono… [Iesu Christi nomine amen. Nos Mamurius Lancillotus etc. et in causa et causis vertentibus…]
Invocato ripetutamente il nome di Cristo e avendo solo Dio davanti agli occhi ecc., affermiamo decidiamo dichiariamo pronunciamo e definitivamente sentenziamo col consiglio e con l’approvazione di giurisperiti e inoltre in ogni miglior modo ciò che segue.
La signora suor Virginia Maria de Leyva, monaca professa nel monastero di S. Margherita della città di Monza, diocesi di Milano, sottoposta e soggetta alla potestà e alla giurisdizione di questo Arcivescovado, in verità e in realtà non solo indiziata da molti testi ma anche per propria ammissione convinta e confessa dei numerosi gravi enormi e atrocissimi delitti, che risultano tutti con molta chiarezza e compiutezza nel processo istruito contro di lei, contro altri e altre monache di detto monastero quali complici, trovata colpevolissima e secondo il diritto meritevole in misura più che sufficiente di punizione, pur comportandoci con una certa mitezza nei confronti della stessa secondo quanto dispongono i sacri canoni, le costituzioni pontifìcie e altri provvedimenti relativi alla materia ecc., dovrà e deve essere condannata, come la condanniamo, rispettivamente alla pena e alla penitenza della carcerazione perpetua nel monastero di S. Valerla di Milano. Venga posta in una piccola cella nel monastero e vi sia rinchiusa;
si ostruisca inoltre l’entrata di siffatto carcere con un muro costruito con pietre e calce e sia completamente isolata.
Ordiniamo che suor Virginia Maria sia subito condotta e rinchiusa dentro il detto carcere e che vi sia murata per sempre, finché avrà vita, in tal modo e maniera che debba rimanere e dimorare prigioniera qui per tutta la sua vita, di giorno e di notte in pena e penitenza dei suoi peccati e soprattutto degli eccessi crimini e delitti compiuti e commessi da essa, salvo altri complici in questione ecc. Mai, finché avrà vita, possa e abbia la facoltà di uscirne e neppure le possa essere concesso da alcuno il permesso. Sia lasciato solo un piccolo foro nella parete del carcere, attraverso il quale possano essere passati e consegnati a suor Virginia Maria gli alimenti o le cose necessarie al suo sostentamento, perché non muoia di fame e inoltre per ogni altro miglior fine ed effetto ecc., sia lasciato anche un altro piccolo foro o una finestrella, attraverso cui possa ricevere luce ed aria. E per implorare dal sommo Dio il perdono dei suoi peccati crimini eccessi e delitti e per la salvezza della sua anima, detta suor Virginia Maria debba e sia tenuta a digiunare ogni sesto giorno di ciascuna settimana per cinque anni, possibilmente a pane e acqua, in ricordo della santissima passione di nostro Signore Gesù Cristo. E questo per una penitenza salutare in aggiunta alla pena e penitenza della carcerazione perpetua e pensando appunto, come mostriamo, alla salvezza della sua anima. E parimenti, finché avrà vita, sia tenuta a recitare dentro detto carcere con diligenza pietà e devozione le ore canoniche e a non tralasciarle mai se non per un motivo legittimo e inevitabile.
E vogliamo dichiariamo stabiliamo e ordiniamo che le entrate dei livelli, tutte le pensioni, i frutti e i redditi e i proventi di quelli e di ogni dote di suor Virginia Maria siano devoluti e concessi, come devolviamo e concediamo, al detto monastero di S. Valeria di Milano a titolo di alimenti per lei, rinchiusa dentro il carcere, solo finché vi vivrà; alla sua morte, quando piacerà al santissimo Dio, i detti livelli pensioni doti entrate frutti redditi e proventi di quelli e di quelle ritornino subito e immediatamente al predetto monastero di S. Margherita, ove la stessa suor Virginia Maria era monaca professa e viveva con le altre monache. E inoltre diciamo stabiliamo e dichiariamo che detta suor Virginia Maria debba essere e sia privata interamente, come la priviamo, di ogni e qualsiasi diritto incarico privilegio ufficio benefìcio prerogativa e dignità di detto monastero e di ogni voce attiva e passiva. E così diciamo, e in questi scritti come sopra sentenziamo dichiariamo condanniamo ecc. Cosi ho sentenziato io, Mamurio Lancilotto, vicario criminale arcivescovile.