di Gaetano Sansone
riduzione e regia Andrée Ruth Shammah
con Lucilla Morlacchi, Gianni Mantesi, Antonio Ballerio, Andrea Perrone, Angelica Ippolito, Alessandra Musoni, Claudia Lawrence, Mariella Valentini, Riccardo Peroni, Marino Campanaro
scene e costumi Gianmaurizio Fercioni
La quinta novità italiana, vorrà dire qualcosa … il gusto dell’avventura del rischio, della difficoltà? Il bisogno di scontrarmi con teatralità aperte, non codificate dentro un genere? La possibilità di verificare sempre più a fondo un metodo di lavoro: lavorare su un testo cercando la sua verità teatrale, lavorare su uno spettacolo cercando le possibilità espressive di un testo. Quante ore di lavoro con Parenti cercando la frase, il modo di pronunciarla, adatti a esprimere ciò che sentivamo di volere e dovere esprimere. Forse ancora di più il bisogno di una sfida: lavorare senza rete di protezione.
Usare la propria energia, la propria disperazione, la voglia di capire, di uscire dalla confusione che è mia, che è di una persona di oggi per far vivere i personaggi lì sulla scena, per riconoscere dentro di me la verità di ciò che si racconta lì sul palcoscenico. E ancora, lavorare con persone che conosci, con le quali hai creato un rapporto profondo, vitale di discussioni sul lavoro ma su tante altre cose.
Quanto spazio ha occupato Testori nella mia vita di adolescente che si affacciava al teatro? E le nostre liti, i suoi sfoghi, i miei. Con lui per anni ho parlato di tutto: dei miei amori, delle mie delusioni, di ciò che per me era cosi difficile da capire.
È stato un maestro ma accanto a lui e mentre nasceva la Trilogia io cambiavo, diventavo più forte, più intransigente e gli spettacoli che facevamo insieme si facevano più difficili, più scarnificati, lui scriveva mentre io maturavo, lo sentiva? Le mie necessità di misurarmi, di tendermi diventavano anche sue? O viceversa?
E Gaetano da quando si cominciò a casa mia a lavorare sul testo de Il maggiore Barbara quante volte ci siamo interrogati su cosa volesse dire oggi fare il teatro? Lavorare cercando di far vivere, lì sul palcoscenico, quelle domande che quando ti nascono dentro impellenti sono più importanti di tanti facili risposte. A Gaetano mi lega il ricordo di un periodo di grande felicità, le prove de Il bosco di notte.
Quanto coraggio ho trovato in quel Bosco, il coraggio di credere in me, veramente, di sapere che se davanti a un testo senti degli stimoli anche irrazionali, anche non immediatamente definibili li devi inseguire, fino in fondo, questa tua capacità di appassionarti, incuriosirti, darà sempre dei frutti.
Mentre scrivo mi accorgo che vorrei dedicare questi appunti a Eduardo che tanto mi ha raccomandato di non cedere, di cercare una drammaturgia italiana contemporanea dove sviluppare un mio modo di lavorare, una mia idea di teatro, della recitazione e della vita.
Caro grande Eduardo io devo a te il coraggio con il quale affronto questa nuova avventura e la calma con la quale aspetto l’esito.
– Andrée Ruth Shammah
Il lavoro di regia di Andrée Ruth Shammah è stato molto approfondito, tanto da fare “suo” questo spettacolo perché, sotto le parole i gesti e una recitazione assai buona (una delle migliori prove del Pier Lombardo), sotto la dimensione onirica serpeggia un interrogativo inquieto che è certo dell’autore, ma che sicuramente è della regista: dove va il teatro?
– Maria Grazia Gregori, L’Unità