Archivio / Teatro

La Locandiera

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La Locandiera

Dopo Sior Todero brontolon, Andrée Ruth Shammah ha immaginato una via diversa di accostarsi a Goldoni, lontana dal realismo, oltre che dal goldonismo, perché attenta ad evidenziare, non solo la leggerezza della lingua goldoniana e la profondità dei caratteri, ma anche il significato del rapporto di coppia oggi, visto alla luce degli scontri generazionali.

Questa Locandiera nasce dal desiderio di portare avanti una simile ricerca, con una compagnia giovane che permetterà alla regista di fare nuovi esperimenti sulla commedia più frequentata dal teatro italiano, proprio per la sua modernità, essendo considerata il primo vero manifesto del femminismo, ben identificato in Mirandolina, vista non come personaggio avvenente, ma come una scaltra affabulatrice che è riuscita a fare della sua attività il centro stesso della sua vita. Gli uomini che vi pernottano, in genere, rimangono affascinati dalla sua loquacità, dai suoi modi garbati, fino a quando non arriva il Cavaliere che diventa il sovvertitore di quell’ordine che Mirandolina era riuscita a creare nella sua locanda. Poiché egli interviene sull’idea di “bello” costruita ad arte da Mirandolina, questa decide di sedurlo per ricomporre l’assetto alterato da quel “corpo estraneo” che frettolosamente si allontana perché incapace di reggere il di lei “teorema”, che ha, in fondo, svelato il carattere della sua misantropia, dovuta ad una certa impotenza nel concepire un rapporto con le donne. Al contrario di Mirandolina che non evita gli uomini perché sa tenerli a debita distanza, egli, alla fine, si rivela un giovane che, avendo paura, finisce per sfuggirle.

Una Locandiera che guarda all’oggi e al domani proprio come la sua Compagnia.

La locandiera offre alla Shammah l’occasione per approfondire una lettura alternativa del teatro goldoniano, iniziata al Teatro Romano di Verona con il Sior Todero brontolon, delineando con insolito rigore il significato del rapporto di coppia, visto alla luce degli scontri generazionali.

– R. R., Il Giornale


La regia di Andrée Ruth Shammah gioca sull’energia dei giovani attori che, come molecole di una cellula, girano intorno al loro nucleo, Mirandolina. Andrée lascia molta libertà agli attori, favorisce uno spontaneo processo di amalgama. Ha voluto una locandiera che somigliasse a una beauty farm abitata da un gruppo di giovani oziosi.

– Maria Manganaro, Il Messaggero


La regia della Shammah punta ad una lettura psicologica di Mirandolina. […] c’è lo spazio di una lettura del testo più meditata, concentrata sui personaggi della fiaba che emerge sotto i costumi della farsa. La regista attenua tutto ciò che è maschera, carattere, stilema, per evidenziare il sommovimento umano particolare, denso, composito, che rende anche i clichés goldoniani diversi da tutti gli altri clichés.

– Luca Doninelli, Avvenire