Sabrina Colle in
Lulù
di Carlo Bertolazzi
uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah
con Pietro Micci, Marco Balbi, Chicca Minini, Marco Vergani, Eugenio de’Giorgi
e con Isabella Aldovini, Emilio Barone, Ilaria Bottiglieri, Marta Carasso, Luca di Martino, Daniele Leoni, Annagaia Marchioro, Tommaso Pagliarini, Giuseppe Sepe
produzione Teatro Franco Parenti
in collaborazione con il laboratorio per il miglioramento della qualità tecnica del teatro in radio e in televisione della RAI
Lo spettacolo Lulù ha un significato che va oltre la normale valutazione teatrale, è uno snodo, un punto di svolta, la somma di tanti percorsi e di messe in scena. Andrée Ruth Shammah lo ha affrontato alla luce delle tensioni creative che hanno accompagnato i progetti presentati nelle ultime stagioni, con la volontà di arrivare a una sintesi delle diverse energie.
Con questo spettacolo si è cercato di dimostrare come Milano possa vantare una drammaturgia straordinaria che ha ancora tanto da dire e come Bertolazzi abbia a che fare con la nostra contemporaneità. L’idea è molto semplice e consiste nel non sapere chi sia Lulù. Lulù si presenta in scena, all’inizio, con una straordinaria pelliccia, sotto la quale ha il costume di scena, un tutù da piccola mima col quale ballava; quando toglie la pelliccia da gran dama mantenuta, diventa una ragazzina per trasformarsi poi in una provocante donna d’epoca. Successivamente, la vediamo in camerino, nuda, con una sottoveste. Lulù non vuole entrare in scena perché non sa più chi è, non sa più che parrucca mettere, bionda, bruna, moderna. Perde la sua identità in questo cammino dell’essere. C’è in Bertolazzi anticipazione, certamente, di Pirandello.
Il timore è di spiegare troppo: ci sono delle telecamere, c’è un regista che dice di voler riprendere un’immagine di Lulù, c’è l‘uso delle nuove tecnologie … Si vorrebbe che tutto questo, nello spettacolo potesse sembrare naturale. Quando uno cammina sul filo, a cinquanta metri da terra, non vediamo la fatica e il lavoro che ha fatto, semplicemente vediamo qualcuno che cammina su un filo. Il laboratorio della Rai ha permesso di capire come utilizzare i mezzi televisivi, quale macchina mettere in piedi. Ci sono, nello spettacolo, tracce di naturalismo che non andavano forzate e stravolte. È delicatissimo, perché poi ci si deve dimenticare del regista, dei giochi, delle telecamere, per entrare nei sentimenti. È un po’ il meccanismo di Questa sera si recita a soggetto. Pirandello smantella, smantella, smantella; poi quando arriva Mommina, la sua scena ci fa piangere. È questo uno stratagemma per lasciare che alcune scene rimangano fresche nei sentimenti e nel drammatico. Non è tutto drammatico, non è tutto impastato nel drammone del 900. È un’impaginazione, un impianto che permette, ad alcune scene, di essere più emozionanti. Scardinando ciò che risulta superato, si prepara l’arrivo delle emozioni in modo che i sentimenti emergano quando devono emergere, fino a far piangere.
– da un’intervista ad Andrée Ruth Shammah