Lecture a cura di Maurizio Principato
Introduce Giuseppe Isgrò
In occasione dello spettacolo Baal
ideazione, regia e scene Giuseppe Isgrò
Per David Bowie l’ingresso negli anni Ottanta del Novecento fu caratterizzato da sfide inedite.
Nell’estate del 1981, terminata l’estemporanea e sorprendente esperienza con i Queen che aveva prodotto uno dei maggiori successi pop di tuttii tempi, “Under Pressure”, Bowie incontrò a Londra il produttore Louis Marks e il regista Alan Clarke. I due avevano deciso di realizzare un adattamento televisivo di Baal, la prima opera teatrale di Bertolt Brecht con musiche di Kurt Weil. «David Bowie è l’attore che abbiamo in mente» dichiarò Marks, «Il Baal ideale è una star in grado di specchiarsi nel personaggio: chi meglio di Bowie?». Da tempo l’eclettico artista viveva in isolamento (la collaborazione con i Queen e, poco prima, con Giorgio Moroder erano state delle eccezioni) ma fu affascinato dalla proposta e accettò, nonostante il compenso fosse pari alla paga giornaliera standard decisa dalla BBC. Per lui Baal era il primo, vero iconoclasta super-punk della storia: sensuale, egocentrico, cinico e dissoluto. Ma Baal, aggiungiamo, è soprattutto un involucro vivente che racchiude delle bellezze e le asperità della natura umana.
Cosa successe durante i cinque giorni di riprese del caldissimo agosto 1981? In che modo Bowie fece suoi i pezzi di Brecht e Weil? Come fu recepito il Baal di Bowie e cosa è restato di questa esperienza?