di William Shakespeare
traduzione Masolino d’Amico
adattamento, regia e scene Giuseppe Dipasquale
con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Sebastiano Tringali, David Coco, Filippo Brazzaventre, Silvia Siravo, Giorgio Musumeci, Luigi Tabita, Ugo Bentivegna, Enzo Gambino, Roberto Pappalardo
opere in scena e costumi Angela Gallaro
musiche Germano Mazzocchetti
movimenti scenici Donatella Capraro
luci Franco Buzzanca
produzione Teatro Stabile di Napoli
Il re Lear di Mariano Rigillo e del regista Dipasquale avrà una corona di spine in testa, come a dire che anche lui è condannato al sacrificio dopo avere scoperto le false adulazioni delle due figlie e la sincerità della terza che, senza indulgere, era quella che lo amava.
Lear è una storia sul potere, ma il potere non si trasmette se chi lo eredita non ne possiede il vigore, se non sa essere fedele al mandato; inoltre, Lear è parte tanto del male, quanto del bene, tanto da essere considerata anche la tragedia del doppio: quello del potere e della perdita, del sacro e del profano, dell’amore e della simulazione, della sapienza e della follia (rappresentata dal Matto che, in verità, è l’unico savio), dell’amore paterno e del disconoscimento dei figli.
Una lettura diversa dalle precedenti, quella di Dipasquale, con un Rigillo al culmine della sua carriera che fa di Lear un re dolente, stanco e amareggiato, a cui dona una forza impressionante, dando corpo a vecchio dolente e sfatto che ritorna bambino dinanzi al dolore immane di essersi sbagliato: la bontà non gli è appartenuta, ma pretende il rispetto della carica. Toglierglielo equivale a ucciderlo.