di Massimo Sgorbani
con Gianluca Ferrato
impianti e regia Emanuele Gamba
scene Massimo Troncanetti
costumi Elena Bianchini
produzione Fondazione Teatro della Toscana
Massimo Sgorbani torna al Parenti (dopo “Le cose sottili nell’aria” diretto da Andrée Ruth Shammah) in un testo inedito.
In un irriverente monologo Gianluca Ferrato interpreta la vita di Truman Capote, il cantore di un’ America torbida di cui ha narrato la brillantezza e le oscurità, il diritto alla felicità e la paura per lo sconosciuto, per chi minaccia la tua proprietà, ma anche per chi è comunque irriducibilmente diverso.
Gay, dandy, esibizionista, insomma eccessivo, il Capote, che da solo tiene la scena per un’ora e mezza, si rivolge ad una invisibile interlocutrice, Marilyn Monroe, sua carissima amica, anche lei segnata da un’infanzia difficile e costretta a recitare per tutta la vita un personaggio. Truman Capote si avventa contro il sogno americano facendolo a pezzi in un ritratto pruriginoso di un’ America ipocrita e ingenua. E lo fa nel solo modo possibile, ovvero riappropriandosi dell’unica identità che, a ben vedere, gli è stata realmente concessa: quella di intruso, di una presenza minacciosa. Un attacco a tutto tondo a cui fa da sfondo però un’antica malinconia, una solitudine profonda e insuperabile e, come direbbe Pasolini, una “disperata vitalità”.
Niccolò Lucarelli – Sipario
INCONTRO
Martedì 7 febbraio | h 19.00
Lectio di Cinzia Scarpino
Nel segno del doppio. La lezione di Truman Capote
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