con Diego Becce, Federico Gariglio e Luana Rossin
regia Sofia Pelczer
adattamento Maddalena Mazzocut-Mis e Sofia Pelczer
traduzione di Maddalena Mazzocut-Mis
assistenti alla drammaturgia Veronica Scarioni e Vanja Vasiljević
spettacolo nato in seno al Progetto transnazionale Passage des frontières, de la France à l’Italie et vice-versa, de la recherche à la création. d’un art à l’autre finanziato da Cmra Coopera e RégionRhône Alpes-France
in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e Université Lumière Lyon2
direzione scientifica Maddalena Mazzocut-Mis
organizzazione e coordinamento Veronica Scarioni e Vanja Vasiljević
con la collaborazione dei partecipanti allo stage Chef d’oeuvre inconnu: Pietro Giuseppe Ramon Allegretti, Ferdinando Bartolomeo, Rebecca Cogni, Giorgia Cubeddu, Silvia Gazzola, Chiara Piemontese, Anna Pugliese, Susanna Testa
«Frenhofer c’est moi!» dichiara Paul Cézanne a Émile Bernard, riconoscendosi nella visionaria ricerca dell’assoluta verità del protagonista di Il capolavoro sconosciuto.
Il racconto di Balzac si iscrive nel lungo elenco di opere che ruotano attorno a un ritratto e in questo senso varcano i confini della narrativa per diventare punti di riferimento per gli artisti.
Il Maestro Frenhofer, pittore rinomato per una misteriosa tela su cui lavora da oltre dieci anni ma che nessuno ha potuto ancora vedere, finisce per chiudersi nell’atelier, intento a realizzare la sua opera perfetta. L’arrivo di un giovane e ambizioso allievo Nicolas Poussin e la sua fame di conoscenza scompigliano i processi creativi solitari del Maestro e mettono in crisi la sua poetica.
Balzac ci pone di fronte a una meravigliosa, inquietante e irrisolta indagine sulla creazione artistica e sui suoi travagli, che non cessa di interrogare gli artisti di ogni epoca.
Maddalena Mazzocut-Mis e Sofia Pelczer si confrontano sul rapporto tra l’arte e la realtà, tra la vita e la sua rappresentazione, tra il maestro e l’allievo e tra il pittore e la sua musa.
Il corpo femminile, luogo e fonte d’ispirazione artistica e sensuale, trova radici nel mito di Pigmalione. In scena, una sola danzatrice impersona la figura ispiratrice di entrambi i pittori portando il femminile alla tragica oggettivazione fisica e depersonificata del manichino.