Presentazione del libro
La scomparsa di Josef Mengele
di Olivier Guez
Edizioni Neri Pozza
dialogano con l’autore
Wlodek Goldkorn ed Elena Loewenthal
letture di Federica Fracassi
Buenos Aires, giugno 1949. Nella gigantesca sala della dogana argentina una discreta fetta di Europa in esilio attende di passare il controllo. Sono emigranti, trasandati o vestiti con eleganza, appena sbarcati dai bastimenti dopo una traversata di tre settimane. Tra loro, un uomo che tiene ben strette due valigie e squadra con cura la lunga fila di espatriati. Al doganiere l’uomo mostra un documento di viaggio della Croce Rossa internazionale: Helmut Gregor, altezza 1.74, occhi castano verdi, nato il 6 agosto 1911 a Termeno, o Tramin in tedesco, comune altoatesino, cittadino di nazionalità italiana, cattolico, professione meccanico. Il doganiere ispeziona i bagagli, poi si acciglia di fronte al contenuto della valigia piú piccola: siringhe, quaderni di appunti e di schizzi anatomici, campioni di sangue, vetrini di cellule. Strano, per un meccanico. Chiama il medico di porto, che accorre prontamente.
Romanzo vincitore del prestigioso Prix Renaudot, La scomparsa di Josef Mengele si immerge fino in fondo nel cuore di tenebra del secolo trascorso. Tra vecchi nazisti, agenti del Mossad, dittatori da operetta e attori di un mondo corrotto dal fanatismo, dalla realpolitik e dal denaro – il coro che accompagna o protegge la fuga di Mengele – Guez mostra come la «luce nera» di «un uomo che non dovrebbe essere un uomo… si trasmette meglio nei romanzi che altrove» (Le Monde).