scritto da Leo Muscato e Laura Perini
regia Leo Muscato
con Alex Cendron nella parte di don Lorenzo Milani
con (in ordine alfabetico) Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Nicola Di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni, Marco Zannoni
e con otto bambini nel ruolo degli allievi della scuola di Barbiana
scenografia Federico Biancalani
costumi Margherita Baldoni
disegno luci Alessandro Verazzi
assistente alla regia Alessandra De Angelis
foto Ilaria Costanzo
coproduzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Arca Azzurra Teatro, Teatro Metastasio di Prato
per Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato
Lorenzo Milani
Vangelo secondo Lorenzo è uno spettacolo che nasce in occasione del cinquantenario dalla morte di Don Lorenzo Milani dalla penna di Maura Perini e Leo Muscato, uno degli autori più innovativi della scena contemporanea del nostro teatro. Il principio fondante della piccola rivoluzione di Don Milani, l’importanza del possesso della parola, è anche il principio ispiratore di questa messa in scena, attraverso la quale vengono indagate tematiche che ci risultano molto utili a migliorare la comprensione dell’odierno valore dell’educazione e della pedagogia.
Possedere le parole significa appropriarsi di una certa autonomia intellettuale, in grado di offrire libertà dalla schiavitù dell’ignoranza. La piccola rivoluzione di Don Milani forse potrà esserci utile per immaginare un futuro possibile che, in realtà, era stato scritto e pensato più di mezzo secolo fa. Il viaggio nel mondo del Priore di Barbiana prova a divulgare, presso il grande pubblico, la preziosa rarità di un pensiero così vibrante e così radicale.
Siamo nell’immediato dopoguerra e c’è un paese da ricostruire. Le politiche industriali Italiane sono ancora fortemente sperequative e giocano sulla linea d’ombra di connivenze d’interessi tra DC e industriali. Quei soprusi sono difficili da fronteggiare in assenza di un’azione organizzata e di un quadro normativo a tutela del lavoratore. Inoltre, nell’arena internazionale, la guerra fredda polarizza in chiave fortemente ideologica il conflitto capitale-lavoro. E se la Santa Sede e le gerarchie cattoliche scendono in campo con misure drastiche (come per esempio la scomunica papale dei comunisti), il basso clero e il mondo cattolico più sensibile ai temi della giustizia sociale provano a destreggiarsi, agendo nel vivo d’una conflittualità sociale che spacca in due le comunità territoriali.
Il testo originale, inizialmente strutturato in quattro atti viene qui proposto nella versione ridotta agli atti Vita da Cappellano e Vita da Priore. Si tratta delle due stagioni della breve vita di Don Milani segnate dai confini territoriali ove iniziò, proseguì e concluse il suo apostolato sacerdotale: Calenzano prima e Barbiana poi.
La vicenda ripercorre le fondamentali tappe di snodo dell’avventura umana, sociale e spirituale di Don Lorenzo e di quanti gli furono accanto.
Appena ordinato Sacerdote, a causa dei disordini procurati in Seminario Lorenzo Milani crea imbarazzo alla Curia nella scelta della sede d’assegnazione al suo primo servizio pastorale. L’elemento è difficile da collocare, non gode di una buona nomea: troppo critico, troppo inflessibile, troppo radicale. Verrà destinato alla popolosa parrocchia di San Donato di Calenzano, in qualità di cappellano.
Alle pendici del Monte Giovi, Lorenzo prosegue l’opera di educazione del suo popolo che ha avviato a Calenzano. Qui non ci sono operai di fabbrica, ci sono i contadini. E i loro figlioli, che lavorano nei campi e nelle porcilaie, sono una forza lavoro necessaria al sostentamento familiare.Il giovane prete convince i genitori che di quei piccoli montanari semianalfabeti se ne può fare altro. Avvia la Scuola di Barbiana, uno dei più interessanti laboratori pedagogici del dopoguerra.
Quello che c’è di bello nello spettacolo, per essere chiari, è quello che c’è di buono – qui non si fa teatro per il teatro ma per raccontare una storia. Il buono vi insospettisce? Pensate che il prepotente desiderio del prete non di scendere verso i poveri, ma di far salire i poveri prima di tutto alla conoscenza delle parole, poi alla coscienza della loro vita di sfruttati, pensate che quel desiderio sia ambiguo? Allora rileggete le sue parole, o ascoltatele recitate da Alex Cendron, che lo impersona con tatto, con discrezione, senza mai si pensi stia recitando. Leggete o ascoltate e si capirà che nello spettacolo non vi è agiografia per la semplice ragione ch’esso si limita a mostrarci don Milani così come fu nella sua battaglia mortale. […] Aggiungo solo che i dieci attori che vediamo accanto a Cendron e gli 8 ragazzini che recitano come suoi allievi non sono o non appaiono mai “attori”. Anche loro, come Cendron, come il testo, come il suo protagonista, ci sembrano immediati, diretti, genuini.
– Franco Cordelli, Corriere della Sera
È uno spettacolo di grande respiro, scritto (a quattro mani assieme a Laura Perini) da Leo Muscato che ne è anche regista. Del testo originale, solo la metà va in scena, con gli episodi che riguardano la parrocchia di Calenzano e quella di Barbiana: l’insieme potrebbe essere destinato a una narrazione televisiva. E non c’è da scandalizzarsi: anche questa anticipazione da palcoscenico è dichiaratamente pop, nel senso originale di «popolare», perché vuol far conoscere al più ampio pubblico un padre semisconosciuto e per tanto tempo osteggiato della nostra cultura. Un contenitore austero (canonica, chiesa, casa del popolo) che cambia a vista, mentre il bravissimo Alex Cendron, nei panni sempre talari del protagonista, affronta le tante stazioni di questa umanissima quanto rigorosa via crucis.
– Gianfranco Capitta, Il Manifesto