Archivio / Teatro

L’uomo seme

racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco

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L’uomo seme

racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco

Sonia Bergamasco prosegue la sua esplorazione del femminile attraverso la lingua forte e appassionata di Violette Ailhaud, autrice di uno stupefacente manoscritto.

Inno spiazzante alla vita, L’uomo seme è un racconto corale in forma di ballata, in cui narrazione, canto e azione scenica cercano un punto di equilibrio essenziale.

All’indomani della prima guerra mondiale, in un villaggio tra le montagne dell’Alta Provenza, sono morti tutti gli uomini. Il paese è abitato solo da donne e bambini. «La guerra è raccontata al femminile e ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti.»

Altera ma ribollente di energia, Sonia Bergamasco firma una nuova regia e interpreta, non più sola in scena, la pièce tratta dal libro di Violette Ailhaud, ambientato in un paesino in cui la guerra ha privato le donne della presenza maschile.
Maria Grazia Gregori – delTeatro.it
Un allestimento raffinato che si avvale delle scene e dei costumi di Barbara Petrecca. L’elegante disegno luci di Cesare Accetta rinforza la narrazione emotiva. La Bergamasco racconta lo spaccato di vita di una giovane donna, le sue lacerazioni, un amore che la farà vibrare e che pure resterà dimezzato. La sua voce risuona in scena roca e sofferta. Rimbomba anche fuori campo in assoli che sono flussi di dolore.
Vincenzo Sardelli - KLP
L’uomo seme è monito e rivalutazione dell’atavica e originaria essenzialità dei generi. Ciascun riferimento al femminile rinsalda il suo legame col maschile. Le donne hanno il linguaggio, l’uomo l’azione (seme).
Alessandra Cutillo - MilanoTeatri

«Quando una storia ci colpisce al cuore sentiamo il bisogno di raccontarla di nuovo per ritrovare, in chi guarda e ascolta, conferma del nostro sguardo. Questo è quello che mi è successo quando ho letto L’uomo seme, testimonianza viva di un’esperienza unica e sconvolgente.
In un villaggio di montagna dell’Alta Provenza, all’indomani della Grande guerra, tutti gli uomini sono morti. Il paese è abitato solo da donne e bambini. Violette Ailhaud, testimone dei fatti, trova solo allora e  finalmente le parole per raccontare di quando, ancora ragazza, il suo villaggio aveva vissuto un’identica tragedia. Violette affiderà questo suo memoriale a un notaio con l’incarico di consegnarlo alla più giovane delle sue discendenti. Una lingua forte, scabra e ventosa ci conduce in cima alle montagne dove è ambientata la vicenda e dove vive questa comunità di sole donne che stringerà uno straordinario patto per la vita.

Svetlana Aleksievic nel suo grande libro di inchiesta La guerra non ha un volto di donna scrive che il racconto della guerra nasce, nella tradizione, da percezioni prettamente maschili, rese con parole maschili. Nei racconti delle donne non c’è, o non c’è quasi mai, ciò che siamo abituati a sentire: gente che ammazza eroicamente altra gente e vince o viene sconfitta. E anche se sembra che il tempo presente, tempo di guerra permanente, sia anche il tempo delle donne soldato – curde, americane, israeliane – resta tuttavia la percezione che per entrare nella lingua della guerra “guerreggiata” le leve femminili abbiano la necessitàdi mascolinizzarsi. Sono altri i racconti femminili, e parlano d’altro. La guerra raccontata al femminile ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti. Dove non ci sono eroi e imprese strabilianti, ma persone reali impegnate nella più disumana delle occupazioni dell’uomo. E a soffrirne non sono solo le persone, ma anche i campi, e gli uccelli, e gli alberi. Ogni cosa che convive con noi su questa terra. Inno spiazzante alla vita, l’Uomo seme è un racconto corale in forma di ballata, in cui narrazione, canto e azione scenica cercano un punto di equilibrio essenziale.»

Sonia Bergamasco

 

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