Archivio / Teatro

Teste inedite

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Teste inedite

All night long

Una vertiginosa discesa agli inferi che, passando per i corridoi di una villetta di provincia, ci accompagna nel delirio tossico di due giovani alle prese con una missione folle.
testo Pietro Utili
regia Daniele Menghini
con Annina Pedrini, Matteo Principi, Michele Costabile
e con la partecipazione in video di Athos Mion
tutor Tatiana Olear
scene Arianna Mattietti, Tullia Ruggeri
costruzione scenografie Pio Manzotti, Alice Capoani, Mattia Franco, Ryan Contratista
costumi Paola Mammolini
assistenza costumi Enza Bianchini, Nunzia Lazzaro
trucco Giulia Carolina De Cesare
musiche composte e elaborate da Cristian Labelli, Davide Bertolotti, Giorgio Labagnara
organizzazione e promozione Federica Cincotti, Giorgia Cacciabue, Sara Giorla
consulente sound design Hubert Westkemper
consulente light design Daniela Bestetti
consulente video Fabio Brusadin, Manuel Renga
luci Paolo Latini, Simona Ornaghi
si ringrazia Rebecca Coltorti graphic designer

Sala Treno Blu | 27/06 h 18.30 e 21.30, 28/06 h 18.30 e 21.30

Note dell’autore – Pietro Utili
Liberamente ispirato da una storia vera, All night long racconta della notte in cui Ferdinando, un ragazzo di vent’anni, attua il piano per uccidere la propria terribile madre, Lucrezia, una cantante lirica che ha perso la voce. Ad aiutarlo è Maicol, il suo unico amico, al quale ha promesso una grossa somma di denaro.
Il luogo del delitto è la casa della donna e del ragazzo, una villetta ai margini di un isolato paese di campagna, all’interno di una comunità dove regnano la paura e la sfiducia, alimentate dalla minaccia di un assassino straniero ancora a piede libero. Questi personaggi abitano un mondo duro, crudele, distorto da farmaci, droghe e ossessioni, dove non c’è spazio per nessuna forma d’amore. Ferdinando è convinto di aver pianificato il delitto alla perfezione. Se si fa come dice lui, tutto andrà bene. Ma ovviamente qualcosa va storto, e questa notte diventa molto più rivelante del previsto. Ferdinando e Maicol si scontrano per la prima volta con il mondo e la sua complessità, con la dura realtà che, purtroppo, le cose non vanno sempre come le avevamo pensate, e che i primi a tradirci siamo soprattutto noi stessi.

Note di regia – Daniele Menghini
Il salotto, che da sempre è stato il tempio del dramma borghese – in cui il tragico diventa domestico e agli “eroi” non resta che parlare delle proprie gesta, evocandole – diventa un campo di battaglia dove non è più permesso parlare. Si deve agire, spietatamente, per distruggere e annientare. Una madre tormentata dai fantasmi delle eroine mozartiane mai interpretate da una parte e due ragazzi annebbiati dai fumi allucinatori dell’hardcore dall’altra, costretti ad un duello che, sotto lo sguardo vigile di un corrucciato Wolfgang Amadeus Mozart ritratto sopra il pianoforte, si fa scontro generazionale per poi esplodere in un vero e proprio conflitto culturale.
Un microcosmo salottiero visto attraverso gli occhi allucinati di questi tre “mostri” domestici che fanno del tinello borghese un teatro distorto e perverso, in bilico tra realismo e grottesco, in cui prendono vita i loro spettri più reconditi. Verità mai dette, aspettative disattese, speranze svanite, in un turbinio casalingo in cui il borghese incontra il pulp, uno scontro di immaginari che trova nella musica la sua espressione più autentica: Mozart da una parte e la Techno dall’altra, due universi culturali a confronto che diventano allegoria di un conflitto familiare spietato tra una madre e un figlio che devono scegliere se amarsi o annientarsi.

La Bora Sufia

Un piccolo porto, un uomo e una donna, attraverso piani di realtà differenti affrontano la paura del cambiamento.
testo Zeno Piovesan
regia Valeria Fornoni
con Nora Fuser, Maurizio Zacchigna e Valentina Spaletta Tavella
tutor Tatiana Olear
scene Maddalena Rosa e Carlotta Tornaghi
costruzione scenografie Pio Manzotti, Alice Capoani, Mattia Franco, Ryan Contratista
costumi Valeria Bergamaschi
assistenza costumi Enza Bianchini, Nunzia Lazzaro
musiche originali Maurizio Berta, Ilaria Lemmo
organizzazione e promozione Chiara Carrera e Alice Miscali
consulente sound designHubert Westkemper
consulente light design Daniela Bestetti
luciPaolo Latini, Simona Ornaghi
foto di scena Marina Alessi

Sala Appartamento | 27/06 h 18.30 e 21.30, 28/06 h 18.30 e 21.30

Note dell’autore – Zeno Piovesan
In un piccolo porto sul golfo di Trieste, lontano dal frenetico mondo globalizzato, il pescatore Dolfi e la barista Piera, dopo una forte mareggiata, assistono all’improvvisa comparsa di una strana fanciulla di nome Ptelea. Ptelea, che nel corso della storia si rivela come una creatura multiforme, conduce i due abitanti del porticciolo in inspiegabili avvenimenti, facendo innamorare il pescatore e procurandosi l’astio di Piera. Inoltre, su quell’angolo di paradiso, grava la minaccia di una società di stabili-menti balneari, che intende trasformare quel luogo, tanto caro a Dolfi e a Piera, in un residence per turisti. La Bora Sufia cerca di riflettere sull’identità e sull’unicità dei Luoghi e sui processi di trasformazione a cui sono sottoposti nel corso del tempo, con particolare attenzione al rapporto che intercorre tra l’uomo e la natura. Infatti, il porticciolo è un luogo specifico con caratteristiche fisiche e geografiche singolari, che favoriscono incontri e relazioni altrettanto particolari. Piera e Dolfi, consapevoli del valore di questo luogo, cercano, a loro modo, di difenderlo dal progetto della società balneare, che lo vorrebbe mutare in un “non-luogo”, attraverso edifici standardizzati. Questa riflessione è inserita in una narrazione più ampia, che si sviluppa attraverso elementi immaginifici e surreali. La parola, che spazia dal dialetto triestino ad un greco e latino artificiosi e a termini inglesi, tenta di evocare ambienti e situazioni che oscillino al contempo su piani di realtà realistici e fantastici.

Note di regia – Valeria Fornoni
“(…) È importante rendersi conto di cosa i luoghi “contenevano”, tenevano-dentro, da cosa fossero in-habited. Ogni luogo aveva un’intima, peculiare qualità. Questo in, l’interiorità del luogo, è l’anima del luogo.” James Hillman, Carlo Truppi, “L’anima dei luoghi”, ed. Rizzoli
Uno spazio astratto. Un unico elemento in scena, una rete, simbolo del Piccolo Porto. La chiave di lettura del testo ha voluto ricreare l’atmosfera del Piccolo Porto, per far sì che il pubblico possa immergersi nell’esperienza percettiva del luogo, attraverso un gioco di linguaggi scenici accompagnati da suoni e luci. Il suono della scena è stato creato a partire dai rumori registrati al Piccolo Porto e poi in un secondo momento rielaborati dai compositori in funzione drammaturgica. La regia ha voluto studiare e trattare il testo come una partitura musicale dove i pensieri e dialoghi – innescandosi l’uno con l’altro – costituiscono i differenti colori di un passatempo antico e nuovo, quello della creazione di realtà parallele attraverso l’invenzione di storie. I temi sono quindi il cambiamento, l’avanzare del nuovo sul vecchio e la paura di ciò che può trasformare la nostra identità e quella del luogo in cui abitiamo. Ma cos’è l’identità di un luogo? Esiste davvero o è solo una questione di punti di vista? Perché si ha paura e nello stesso tempo ci si innamora di chi può cambiarci? Cosa succede quando l’immaginazione prende il sopravvento e diventa il nostro piano di realtà? E il linguaggio può essere un detonatore di realtà nuove? Domande come queste hanno guidato il percorso e attraversato l’intera messa in scena.

Squame d'amore

Affronta senza patine il Grande Amore attraverso i linguaggi più eclettici della prosa e della danza.
di Manfredi Messana
regia Margherita Scalise
con Marianna Folli, Enrico Pittaluga, Walter Rizzuto
tutor Tatiana Olear
scene Valeria Perrone, Margherita Piazza
costruzione scenografie Pio Manzotti, Alice Capoani, Mattia Franco, Ryan Contratista
costumi Mara PiericonSohere Caserini
assistenza costumi Enza Bianchini, Nunzia Lazzaro
marionette Martina Mirante
movimenti coreografici Pablo Ezequiel Rizzo
musiche originali Bruno Bassi, Edoardo Bonavires, Roberto d’Alessandro, Filippo Ferrari, Marta Zibani
organizzazione e promozione Alice Berretta, Silvia Milani, Luca Napoli
consulente sound designHubert Westkemper
consulente light design Daniela Bestetti
luci Paolo Latini, Simona Ornaghi
consulenza video Fabio Brusadin

Sala AcomeA | 27/06 h 20, 28/06 h 20

Note di drammaturgia – Manfredi Messana 
Squame d’amore è un testo che parla del grande amore. Un amore in cui la solita patina sdolcinata che avvolge la relazione di coppia, lascia posto ad una realtà ben più sporca e spigolosa, che spesso si tende a nascondere quando si racconta la propria esperienza amorosa a qualcun altro. Il grande amore può davvero essere fatto solo di tenere carezze e baci mozzafiato?
In realtà, questa non è una sola storia, forse sono più storie. Questo è un testo formato da un insieme di “squame”, o “frammenti”, ognuno con la propria natura e la propria autonomia: ci sono delle vicende di innamorati di età diverse, riproduzioni di ricerche sul web e immagini visionarie. Questi frammenti vanno spesso in contraddizione l’uno con l’altro. Di squama in squama, Lui, Lei e il Pesce subiscono delle trasformazioni che spingono a chiedersi se i personaggi siano sempre gli stessi per tutto il testo, o se invece cambino di volta in volta, mantenendo solo la propria intestazione sulla pagina. Quello che è certo è che tutte le squame offrono un punto di vista sull’amore. Musicalmente, ci si potrebbe riferire a delle variazioni sul tema. In questo senso, Squame d’amore può essere letto anche con dei criteri musicali, con la presenza di alcuni “motivi” che ritornano nella successione dei frammenti. Nella sua fruizione, il testo potrebbe anche essere associato ad un’esperienza nel web, in cui spesso ci si ritrova immersi in contenuti molto diversi che hanno in comune solo le parole chiave inserite nella barra del motore di ricerca.

Note di regia – Margherita Scalise
Amore: che parola strapazzata. La relazione di coppia: che tema banale. Ma ogni volta che ci ritroviamo in una storia d’amore non sappiamo come gestirla. Questo non è un manuale per imparare ad amare, ma è una ricerca in tanti versi della forma che l’amore assume quando incontriamo qualcuno. L’amore è fluido, passa da una coppia all’altra, è presente nelle forme meno immaginabili: nel litigio, nella scelta di vivere per sempre insieme, persino nel lasciarsi. Come raccontare l’amore? Il testo offre il fianco ad un uso eclettico dei linguaggi scenici con i quali provare a dare una o più risposte a questa domanda. Il pesce, simbolo del Grande Amore, cerca di capirlo da osservatore esterno quale è, usando dei feticci-archetipi; la danza ci aiuta a esplorare l’incomprensibilità dell’amore, la mutevolezza dei ruoli dei performer la sua imponderabilità. Lasciamo che l’irrazionalità sia un punto di forza, arrendiamoci alla forza amorfa e incontrollabile dell’amore.