testo e regia Ruggero Cappuccio
con Claudio Di Palma e Ciro Damiano
musiche Paolo Vivaldi
costumi Carlo Poggioli
aiuto regia e luci Nadia Baldi
produzione Teatro Segreto
A raccontarlo sarà Shakespea Re di Napoli scritto in versi da Ruggero Cappuccio nel 1994 e rappresentato sui palcoscenici italiani ed esteri ottenendo importanti riconoscimenti.
Tutto ruota intorno a un mistero: chi è W. H. l’ispiratore cui sono dedicati i Sonetti del poeta di Stratford? Cappuccio reinventa la realtà immaginandolo come un giovane commediante napoletano conosciuto dal Bardo nel corso di una sua “improbabile” visita alla città partenopea.
Così uno spettatore:
Meraviglioso, grande teatro, con due splendidi attori e una regia perfetta. Una grande emozione avervi assistito, da ricordare per il bellissimo incanto in cui sono stato avvolto tra i “sonetti” di Shakespeare e i “quadri” di Caravaggio. Complimenti a voi per averlo ospitato e a tutti i protagonisti per l’affascinante spettacolo che ci avete donato e donato a Milano. – S. O.
TRAMA
È la notte di plenilunio del ‘600, sulla riva del mare due uomini: uno, Desiderio, toccato dalla grazia della poesia, investe con i suoi deliri e i suoi racconti Zoroastro, un amico con il quale ha diviso tempo addietro le fatiche del teatro di strada, ora ridottosi ad alchimista imbroglione. Desiderio racconta di un’avventura che lo ha tenuto lontano da Napoli per un anno. Durante l’ultima sera di carnevale dell’anno prima, Desiderio era arrivato come tanti altri comici alla corte del vicerè, rimanendo abbagliato dalla sua figura. Si è fatto rapire da lui su una barca diretta in Inghilterra. Qui Desiderio scoprirà che quel vicerè altri non è però che Shakespeare, il cui nome si dice «comme si fosse nu suspiro d’ammore» e di cui diventerà nume ispiratore dei Sonetti e per il quale sarà Viola, Giulietta e Desdemona «in un triato fatto tunno a tunno».
Alla chiusura dei teatri londinesi per peste, Desiderio è rientrato fortunosamente a Napoli, una tempesta lo ha sbattuto sulle rive partenopee e qui lo ha trovato Zoroastro. Il quale a poco a poco si lascia avvincere dal racconto dell’amico, affascinato da un nome che è tutt’uno con la poesia, la poesia della vita e del teatro. Ma la sua natura di plebeo scaltro e diffidente reclama delle prove di quanto l’amico gli ha detto: una cassa con i Sonetti non sarà bastevole, perché l’acqua li ha ridotti a fogliacci umidi e marci e anche il quadro che Desiderio ha portato da Londra con il suo ritratto, dono del Bardo al vicerè, si rivelerà cornice vuota, dentro cui accogliere l’ultima immagine di Desiderio morente, diventato però finalmente anche per l’amico W.H. il misterioso dedicatario dei Sonetti: W come Will e H come Heart, W.H. «come Desiderio e core».
In questa emozionante sospensione tra rappresentazione e verità, la storia di Desiderio e Zoroastro si arricchisce di sensi che sono soprattutto emozioni, intuizioni, dove il mistero del teatro si coniuga con la grandezza e la miseria di chi lo fa, dove la cialtroneria dei comici si illumina, magari per una sera sola, della magia di una lingua poetica che parla d’amore. Un duetto intenso e commovente, il canto dei protagonisti è un canto e controcanto avvincente nel quale sembrano assommarsi tutte le meraviglie del teatro.