Archivio / Teatro

Giobbe

Storia di un uomo semplice

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Giobbe

Storia di un uomo semplice

Un romanzo breve, potente e epico, che racconta le vicende tragicomiche di Mendel Singer, uno stupido maestro di stupidi bambini.

Uno spettacolo teso, travolgente, carico di commozione, tanti, tantissimi gli applausi per Roberto Anglisani.
Gazzetta di Parma
Roberto Anglisani, da solo sul palco, senza scenografia, seduto su una seggiola, dà vita ad una narrazione teatrale evocativa: le sue parole, i suoi gesti richiamano nello spettatore immagini così concrete da poter essere paragonate ad un film.
Il Resto del Carlino

La tragedia e il riscatto di un uomo semplice, in uno spettacolo che attraversa la Grande Storia del Novecento, dalla guerra russo-giapponese alla prima guerra mondiale.

«Più di cent’anni fa, in Russia, in un piccolissimo villaggio di frontiera, viveva un maestro. Si chiamava Mendel Singer. Era un uomo insignificante. Devoto al Signore. Insegnava la Bibbia ai bambini, con molta passione e poco successo. Uno stupido maestro di stupidi bambini, come pensava di lui sua moglie».

Così inizia questo racconto, che attraversa trent’anni di vita della famiglia di Mendel Singer, di sua moglie Deborah e dei suoi quattro figli. Ma attraversa anche la storia del primo Novecento, dalla Russia all’America, dalla guerra russo giapponese alla prima guerra mondiale e oltre. Ma soprattutto attraversa il cuore di Mendel, lo stupido maestro di stupidi bambini, devoto al Signore, e dal Signore – crede lui – abbandonato.

Roberto Anglisani dà voce a tutti i pensieri dei protagonisti, alle paure, alle speranze e alla disperazione, alle preghiere e alle rivolte. Come dice Skowronnek, grande amico di Mendel Singer, «Noi siamo dentro il disegno, e il disegno ci sfugge», per questo Mendel – e tutti gli altri – fanno tanta fatica: la vita è un mistero, la fede un rifugio, e il dolore mette a dura prova anche l’uomo più giusto.

Giobbe – romanzo perfetto di Joseph Roth – diventa così un racconto teatrale tragicomico proprio come la vita, dove si ride e si piange, si prega e si balla, si parte, si arriva e si ritorna, si muore in guerra e si rinasce. Senza giudizio, senza spiegazioni: ma, attraverso lo sguardo mite e sereno di un narratore misterioso e onnisciente, ricco di compassione e accompagnati da un sorriso, lieve, dolcissimo, che spinge tutti i protagonisti di questa storia, lunga quanto una vita, e forse anche un po’ di più.

Tutto arriva in maniera diretta, non è semplicità vista come banalità, ovvietà, bensì come esempio massimo di capacità di narrare, ovvero trasferendo concetti e situazioni complesse nel modo più naturale e diretto possibile.
paneacquaculture
L’attore riesce a conquistare sin da subito l’attenzione dello spettatore, è onnisciente ed entra nei personaggi in maniera perfetta, soprattutto in Mendel con le sue certezze e paure, che nel corso del monologo diventeranno insicurezze e limpide disillusioni. Anglisani prende per mano il pubblico e nella prima parte dello spettacolo lo porta a scoprire i riti e la vita di un mondo che non esiste più, spazzato via dalla furia del Secolo Breve.
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