Incontro con Alessandro Baricco
in occasione della pubblicazione di
La Via della Narrazione (Feltrinelli Editore)
Raffaella De Santis, la Repubblica
In principio ci sono le storie. Campi magnetici. Singole tessere del reale escono dal rumore bianco del mondo e si mettono a vibrare con un’intensità particolare, anomala. La genesi di una storia può durare un attimo o incubare per anni. Le forme dei campi magnetici che chiamiamo storie sono illimitate. Don Giovanni e Dracula sono buchi neri attorno ai quali un intero mondo prende vita.
Nell’Amleto e nei Vangeli un frammento, apparentemente impazzito, diserta e mette in pericolo tutta la sequenza del reale. Poi ci sono le trame. Abitano le storie, le attraversano, e le rendono leggibili. Sono geroglifici che le significano, mappe che le raffigurano. Ma il gesto del narrare non è ancora compiuto. Manca una componente chimica, la più misteriosa, l’unica che abbia a che vedere con la magia. Lo stile. Non si può insegnare, lo si possiede. È un suono unico. Sgorga da un’intimità altissima e inaccessibile. Tiene insieme cielo e terra. Il cielo delle storie, la terra del reale.
“Sono le cose principali,” scrive Alessandro Baricco, “che mi è accaduto di capire da quando mi occupo di narrazione.”
A volte è difficile distinguere tra magia e illusione ottica, tra evento mistico e processo chimico. Lungo questo confine enigmatico si compie il gesto del narrare, fatto di elementi che, se ben intrecciati, danno un suono a certe misteriose vibrazioni del mondo.
Questo gesto si può imparare? Chi può insegnarlo? Una via della narrazione esiste e “il suo compito possibile è portare brevi esistenze individuali a compimento, saldando quanto è certo nella loro coscienza a quanto ancora è pagina in bianco e carta coperta”.
Alessandro Baricco è nato nel 1958. Ha scritto saggi e romanzi che sono stati tradotti in tutto il mondo.