A partire dal volume
Cosa c’è di là. Inno alla vita (Il Mulino),
l’autore Enzo Bianchi dialoga con Umberto Galimberti
“Ormai vecchio, guardando al mio passato, mi accorgo che il cammino dell’imparare a morire è stato il cammino dell’imparare a vivere, nella convinzione che ciò che si è vissuto nell’amore resterà per sempre. Solo l’amore innesta l’eternità nella nostra vita mortale. Che senso può avere nel nostro tempo la domanda sull’aldilà? Nell’epoca della morte rimossa o spettacolarizzata in un flusso di immagini che la esibiscono e la dissacrano, quale significato possiamo attribuirle? Su questa terra che tanto amo, ho sempre cercato l’eternità.”
Con queste parole Enzo Bianchi, instancabile cercatore di senso, apre una meditazione poetica e non dogmatica sulla più ineludibile delle domande – su quel limite capace di dare senso alla vita di ciascuno – per approdare a una risposta centrata sull’amore, sulla sua forza come trama del mondo e delle relazioni con gli altri, e quindi come ragione di speranza anche dopo la vita terrena.
Enzo Bianchi (Castel Baglione, 1943) è autore di numerosi saggi religiosi. Dopo la laurea in Economia e Commercio, ha fondato la comunità di Bose nel 1965. Organizzata come un’associazione privata di fedeli, conta attualmente ottanta membri di cinque nazionalità differenti. Nel 1983 ha fondato la casa editrice Qiqajon. Ha vinto il premio Cesare Pavese e il premio Internazionale per la pace con “Il pane di ieri”. Enzo Bianchi ha fatto parte del Sinodo sulla nuova evangelizzazione voluto da Papa Benedetto XVI ed è consultore del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Oltre a saggi e romanzi, scrive articoli per «Jesus», «Famiglia Cristiana» e altre riviste.