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Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa

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Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa

Eugenio Barba, l’ultimo maestro dei maestri del teatro contemporaneo, alla sua prima regia fuori dall’iconico Odin Teatret.

In scena Lorenzo Gleijeses, già Premio Ubu e allievo di Kemp, Nekrosius, Martone.

“Ripeti ancora!” è l’imperativo per l’attore. Ed è la condanna del danzatore Gregorio Samsa, imprigionato nella ricerca della perfezione attraverso la ripetizione di una coreografia per un debutto imminente.

Una riscrittura originale e coraggiosa de La metamorfosi di Kafka. Un corpo a corpo vertiginoso ed emozionante con la vita, in cui il diverso che disorienta, lo scarafaggio, è diventato l’artista, travolto e fagocitato dal suo desiderio di perfezione, ingabbiato e sempre più solo.

Esito di una ricerca di diversi anni, Gleijeses offre una prova fisica stupefacente, in un magnifico esperimento di teatro di ricerca, raffinato e di grande libertà compositiva, che si fa metafora spietata del teatrante contemporaneo, costretto a trovare il suo senso nella limitazione, disposto a spingerla fino all’implosione.

Imprigionato in questo bozzolo più onirico che reale Lorenzo Gleijeses sigla una prova d’attore fra le più significative di una carriera sempre interessante. Sulla musica percussiva di Mirto Baliani danza con precisione millimetrica saltando come una pedina degli scacchi da un riquadro all’altro e conferendo teatralità anche alle parti minime del corpo: le ginocchia, un dito, un piede. E sa trasformarsi in un misto di creatura reale e creatura sognata nel momento in cui il suo Gregorio Samsa affronta o tenta di affrontare il corpo a corpo con la vita di tutti e con l’umanità che a vario titolo lo assedia. Non sorprende che alla fine il danz-attore venga ripagato da un applauso che appare ed è interminabile.

– Osvaldo Guerrieri, La Stampa


Fa fruttare la sua storia personale il giovane Lorenzo Gleijeses, figlio d’arte. Solo in scena, poche parole e una partitura fisica straordinaria che si ripete ossessivamente con cambiamenti impercettibili, trasforma Gregorio, attore debuttante schiacciato da un guru, un padre anche lui attore (la voce è del genitore, l’attore e regista Geppy) e una psicanalista, in uno scarafaggio. Tra redenzione e disperazione come in Kafka. […] Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa è interessante per l’intreccio di pedigree artistici: il padre Geppy, Michele Di Stefano, Chiara Lagani, Mirto Baliani e su tutti, il vero guru, Eugenio Barba alla regia.

– Anna Bandettini, la Repubblica


Lorenzo Gleijeses con la guida di un maestro della ricerca come Eugenio Barba (primo impegno fuori dall’Odin Teatret), regia condivisa con lui e con Julia Varley, ha svelato l’intimità di un percorso-performance di relazioni esistenziali con la Metamorfosi di Kafka in ‘Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa’. […]  Impressiona, la meccanicità dei suoi arti, dei polsi e delle mani, del suo energico accovacciarsi a terra, del suo padroneggiare con moduli moderni la grazia al maschile di una Iben Nagel Rassmussen, musa fisica di Barba. Nei frammenti drammaturgici, cui ha saputo collaborare Chiara Lagani e nei movimenti suggeriti da Michele Di Stefano, si fanno largo inserti e basi musicali d’un sempre sintonizzato Mirto Baliani (…). Il prossimo di Samsa è costituito con ironia dai timbri, al cellulare, di una partner discordante, Maria Alberta Navello, mentre Julia Varley è una psicologa esterna. Per gli altri la voce di Gregorio si fa animalesca, e lui cade, o corre verso un sole che non c’è. Il lavoro c’è.

– Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica

Eugenio Barba accompagna Lorenzo Gleijeses da molti anni, intercettando ed esaltando le qualità e le intuizioni di un percorso di formazione e conoscenza, contaminato con il metodo della storica compagnia di Hostelbro e nato all’interno dell’Odin quando Lorenzo era ancora un ragazzo. Risultato di questo ‘percorso di accompagnamento’ sono stati spettacoli, incontri e seminari in Italia e in Europa che hanno cementato e rafforzato il rapporto unico tra Eugenio Barba, Julia Varley e Lorenzo Gleijeses, fino a questa prima regia firmata da Barba (con Gleijeses) al di fuori dell’Odin Teatret.

La scintilla che ha messo in moto il processo di creazione è scaturita dallo stridore e dalle assonanze generati dall’accostamento dell’opera di Kafka con gli oggetti coreografici creati da Michele Di Stefano con Lorenzo Gleijeses. Ne è nato uno spettacolo in cui si intersecano tre diversi nuclei narrativi: alcuni elementi biografici dello stesso Kafka; la vicenda del personaggio centrale de La metamorfosi, Gregorio Samsa, e quella di un immaginario danzatore omonimo che rimane prigioniero della ripetizione ossessiva dei propri materiali performativi in vista di un imminente debutto.

Si tratta di un lavoro iniziato nel 2015 ad Holstebro, nella celebre sede del gruppo danese, ed è la prima regia firmata da Eugenio Barba al di fuori dell’Odin Teatret, un progetto prodotto da Gitiesse Artisti Riuniti, in collaborazione con Odin Teatret.

Gregorio Samsa è convinto che attraverso una ripetizione ossessiva delle sue partiture sia possibile arrivare ad un altro livello di precisione tecnica e di qualità interpretativa ma, di contro, il suo perfezionismo lo catapulta in un limbo in cui si erodono i confini tra reale e immaginario, lavoro e spazio intimo, tra teatro e vita quotidiana. Si scontrano, allora, le esigenze del mondo esterno e le sue profonde necessità personali. Samsa ripete le sue sequenze coreografiche, come un novello Sisifo, per una pulsione psicopatologica? Oppure è semplicemente mosso dal desiderio di spingere al massimo i risultati del suo lavoro e dal sogno utopico di superare i limiti imposti dalla sua natura umana? I movimenti che Gregorio prova senza posa sono frutto di un impegno professionale e di un lavoro di concezione minuzioso tale da acquisire una ponderatezza e un equilibrio che le azioni della sua vita reale non possiedono. Gregorio è come un ragno che non può evitare di tessere la propria tela. La sua ricerca artistica che mira alla libertà doppia la sua stessa vita, acquisisce una ricchezza labirintica che sarà squarciata dalla volontà di inseguire sé stesso.
– Lorenzo Gleijeses


A quale mondo appartiene il mio teatro? Se fosse un elemento – terra, acqua, fuoco, aria – sarebbe il mare. Non conosco l’arte di rimanere a galla da solo. Allora cerco la mano di un altro – un individuo disperato, fiducioso, ambizioso o ingenuo, ferito profondamente o che vuole scappare da sé stesso. È un individuo pronto a spingere il mare insieme a me verso quel muscolo che pompa sangue. E quando esausti sentiamo che è impossibile, il mare è una goccia che cola azzurra sulla gota di uno spettatore. Suona sentimentale, ma lo sforzo ne vale la pena.
 – Eugenio Barba