© Sirio Tessitore
Archivio / Teatro

Acanto

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In una sala d’attesa di un centro analisi HIV, un uomo e un ragazzo intraprendono un viaggio nei ricordi legati all’eros e alle prime esperienze sessuali.

Il primo racconta un immaginario legato alla notte, ai parchi, alla poesia dell’intimità improvvisa con uno sconosciuto, mentre il più giovane è legato alle recenti applicazioni di incontri online.

Con le parole rivisitano i luoghi di quei primi incontri e si interrogano sulla necessità della poesia e della bellezza, ricordando e rivivendo la perdita dell’innocenza e rispecchiandosi l’uno nell’altro. Due approcci differenti, due generazioni a confronto.

La natura e le architetture evocate dai loro racconti sono ancora lì a creare un percorso alternativo da seguire per trovare cura e salvezza.

Acanto, pertanto, non è la solita denuncia sociale, ma un mosaico emotivo che invita a perdersi nei labirinti dell’incoscienza umana. È un inno al coraggio di guardarsi dentro, perché a volte, come le foglie d’acanto, la bellezza più autentica si nasconde proprio nelle nervature della nostra storia.

– Matteo Resemini, artapartofculture.net


[…] Russo si occupa di malattia e di tematiche LGBTQIA+ senza che vengano percepite come argomenti a sé, clusterizzati, anzi: i suoi spettacoli tracciano percorsi, scavano aspetti dell’esistenza umana con naturalezza, affrontando anche argomenti ostici, complessi. […] Non ci si sente fuori luogo nel ridere alle loro battute, perché nel gioco della vita c’è anche il dover affrontare con leggerezza e intelligenza le sfide che si incontrano lungo la via.

– Chiara Amato, paneacquaculture.net