Un repertorio vastissimo sulla scena, e ogni genere teatrale. Ivana Monti, che debutta domani, 15 luglio, in prima nazionale, al teatro Parenti di Milano, con Una vita che sto qui, di Roberta Skerl, regia di Giampiero Rappa, è attrice totale. Dai classici (ve, firmato Streheler, Pirandello sempre con il Maesro, debutto non ancora ventenne), poi Pinter, Goldoni, pièces legate alla cronaca contemporanea. Ma la cifra a cui più associo la sua presenza, voce figura, è la tragedia. «La tragedia greca per me è stato un ritorno – racconta la grande attrice milanese -. Venivo dal teatro tragico di Shakespere, la mia corporatura possente, struttura da sportiva, la vocalità potente e bassa rivelavano in me una vocazione assolutamente tragica. L’incontro con Eschilo, Le Coefore, e in seguito Ecuba, e con Euripide è stato un ritorno alla tragedia. Per completarmi come attrice, dopo la partenza shakespeariana, ho studiato per ampliare le mie gamme, sul piano tecnico dovevo conquistare la parte centrale della vocalità, che mi mancava: passavo dalla mia, profonda, a quella altissima (cantavo in falsetto).