Con questo spettacolo, con cui l’americano Jordan Harrison è arrivato finalista al Pulitzer 2015 per il teatro, dovremo fare i conti tutti. Che cosa ci rende umani se le macchine arrivano ad assomigliarci e a parlare? Se la memoria del Prime si costruisce con i racconti di chi gli parla, cos’è vero di quei ricordi e cosa no? L’altro è inclassificabile poiché unico, diceva Roland Barthes. Impossibile, quindi, addomesticarlo o ridurlo a una mia proiezione. Ma le macchine del futuro non tanto prossimo danno questa illusione.