Appena Prima. Note a margine di memoria
di Bianca Cattaneo
Mentre il pubblico prende posto e chiacchiera distrattamente, Valentina Minzoni è già in scena, sembra serenamente indaffarata e ogni tanto lancia qualche discreta occhiata alla platea. È circondata da scatoloni di cartone, distribuiti disordinatamente nello spazio: alcuni sono aperti, alcuni chiusi, alcuni ripiegati. L’attrice piano piano li riordina, sigillandoli con un nastro adesivo. Il pubblico la osserva giusto per un momento, ma dopo pochi istanti già rivolge l’attenzione ad altro, come se non fosse lecito osservare ciò che accade sulla scena di uno spettacolo che ancora deve iniziare. Minzoni, anche autrice della pièce, dà vita ad una breve rappresentazione che si ispira alla vita della nonna Tina: tra aneddoti, eventi e storie che si intrecciano con gli inevitabili sviluppi dell’Alzheimer.
Mentre gli spettatori sono ancora in attesa, senza che le luci si abbassino, l’attrice all’improvviso si anima e pronuncia la prima battuta del suo monologo, catturando solo ora l’attenzione della platea, divenendo fulcro di ogni interesse. Grazie ad una breve introduzione in cui è interprete di sé stessa, avverte il pubblico della curiosa abitudine della nonna di annotare le date degli episodi principali della storia dell’umanità, ma anche dei più piccoli dettagli della sua vita. Tutto questo avviene in poche battute perché poi, quasi inavvertitamente, la donna subisce un mutamento che le consente di prendere i panni della nonna stessa, di cui porta le vesti fino a conclusione dello spettacolo. Fonde in sé le due identità in un passaggio reso naturale dal rapporto che le lega all’interno della stessa dolorosa vicenda.
Da qui in poi la narrazione procede a intermezzi ed evocazioni. Il filo del discorso cade, si smaglia, si ingarbuglia, ad imitazione del procedere di una mente i cui ricordi a poco a poco «cadono in un buco» fino a scomparire. L’attrice alterna una serie di dati storici disparati a piccoli aneddoti di vita quotidiana: ne emerge la figura di una donna che ironicamente ha passato gran parte della sua vita ad appuntarsi date ed eventi, una persona che facilmente riesce a sopportare la tragicità della morte, ma che allo stesso tempo risulta sempre accompagnata da una continua ed inspiegabile tristezza. Durante tutta la prima parte del monologo gli scatoloni che maldestramente venivano rinchiusi e abbandonati pian piano vengono impilati fino a creare un’originale scenografia, che evoca, nell’atto stesso di costruire, il bisogno di mettere assieme i pezzi di qualcosa che lentamente si disgrega.
Il pubblico assiste ad una rappresentazione intima che sembra quasi uno sfogo liberatorio: «L’Alzheimer non è la malattia del malato, ma è la malattia dei parenti», – ricorda Pupi Avati a proposito del suo film Una sconfinata giovinezza – e, credo, proprio per questo Valentina Minzoni ha percepito la necessità di raccontare la sua esperienza. È immediatamente percepibile l’attenzione, così come la dolcezza, con cui l’attrice-autrice racconta la vita della nonna: lo spettatore non compatisce la donna che risulta sempre caratterizzata con umanità. Viene descritta una perdita di memoria, non una perdita di dignità. Si tratta di uno spettacolo che non manca di spiritose battute e ponderati momenti comici, provocando risa diffuse in platea. L’ironia è però usata intelligentemente, non per deridere la malattia ma, più acutamente, è sfruttata in altri contesti, come nel racconto delle varie esperienze di vita per rendere più scorrevole e godibile il monologo.
Chiaro e costruito con severa attenzione ad ogni dettaglio, Appena Prima non presenta particolari colpi di scena, ma sicuramente centra l’obiettivo: raccontare una piccola storia familiare di affetto, di ricordi e di mancanze. Di profondo dolore, causato da una «morte prima della morte», una malattia alienante e temibile. Malattia che però, a dispetto della sua forza erosiva, non riesce a cancellare né ciò che rimane materialmente scritto (nelle agende, sui fogli dello Scottex, su pagine volanti) né ciò che è saldo nelle memorie di chi piange e ricorda una persona cara.