A cura di Mattia Rizzi
Nella Bibbia “Israele”, ancora prima di indicare un luogo fisico o un popolo, è il nome dato a Giacobbe dal Signore a seguito della celebre teomachia. Oggi il termine, dopo una lunga tradizione testuale che ne ha consolidato l’uso, sovrapponendo la «dimensione materiale» della terra a quella «ideale» e spirituale di un popolo, è ancora in grado di evocare una molteplicità di significati. Di questo e altro, in occasione della pubblicazione di Israele – Una storia in 10 quadri, hanno dialogato l’autore Claudio Vercelli, la giornalista Fiona Diwan e Alessandro Litta Modignani, presidente dell’associazione Pro Israele, promotrice dell’iniziativa al Teatro Franco Parenti.
Di Israele si parla spesso a sproposito: come denuncia l’autore nella premessa al proprio libro, chi si occupa di questo tema rischia di cadere in facili «stereotipi, luoghi comuni, apologie acritiche o […] insensate demonizzazioni». Davanti alla questione del conflitto lacerante che ancora separa gli Israeliani dai Palestinesi e di cui è necessario comprendere i «nodi critici» di entrambe le parti, non si può rischiare di percorrere la strada della banalizzazione. Vercelli si occupa quindi della questione di Israele in un volume che non racconta la storia dell’omonimo Stato ma riflette su alcuni temi di fondo tramite cui una nazione pensa sé stessa e si presenta al resto del mondo (anche grazie alla letteratura o al cinema).
Gli argomenti affrontati durante il dialogo in sala sono molteplici e ruotano attorno all’idea che Israele si alimenti costantemente di paradossi – laddove il paradosso non è da intendere come un termine negativo, quanto piuttosto come il differenziale tra ciò che ci aspetteremmo secondo i criteri standard e l’effettivo riscontro dei fatti. Israele per esempio è un paese le cui dimensioni territoriali sono ridotte, eppure sia sul piano sociale, sia su quello demografico ha conosciuto evoluzioni incredibili, decuplicando la propria popolazione in pochi decenni. Un altro paradosso è quello relativo alla sua sopravvivenza: quando nel maggio del 1948 fu proclamato lo Stato d’Israele, nessuno avrebbe potuto affermare con certezza che la sua costruzione sarebbe stata duratura. Oggi Israele sopravvive – come lo faccia, commenta lo storico, è giudizio aperto – ma sicuro l’esito all’epoca non era scontato.
Questi e molti altri spunti (le radici del sionismo, l’economia e la globalizzazione, l’antisemitismo e l’antisionismo) animano le pagine del volume di Vercelli, il quale, oltre a essere molto agile, ha soprattutto il pregio di formulare delle ipotesi su dei quesiti a cui non è ancora possibile dare risposte definitive. E questa dovrebbe essere una lezione valida per ogni tema di indagine: dovremmo liberarci dall’ansia di trovare sempre un elemento spartiacque grazie a cui illudiamo di poter interpretare ogni processo storico, culturale o politico. Israele – Una storia in 10 quadri va proprio in questa direzione: uno strumento con cui orientarsi nella lettura di un paese complesso e poliedrico.