Esperimenti di memoria.
di Anna Farina
Un esperimento di teatro distopico che guarda al presente e alle sue possibili derive. R.A.M. è una creazione originale di Edoardo Erba, portata in scena dal giovane Michele Magnini e ambientata in un immaginario anno 2122. In un mondo governato dall’Algoritmo, una impalpabile potenza politica e tecnologica che regola la realtà, viene raccontata la sopravvivenza di una donna che scopre di aver rimosso e venduto tutti i propri ricordi alla classe privilegiata della società fatta di umani e androidi di cui fa parte, gli Aumentati.
Cruz, così si chiama la protagonista, interpretata da una potente Marina Rocco, all’inizio dello spettacolo scopre di essersi sottoposta all’intervento di rimozione dei ricordi, tramite un video messaggio registrato da lei stessa prima dell’operazione. Da questo momento, pur preda della seduzione di poter avere indietro il suo passato, Cruz deve tentare di costruire il futuro, per non abbandonarsi a una rabbia distruttiva e alla follia.
La sua mente, priva di memoria, deve costruire nuovi o legami e lo fa con i personaggi che si avvicendano sulla scena. Il suo primo contatto è l’androide-governante interpretata da Gianna Coletti, alla soglia della rottamazione, che riesce comunque a comprendere le profonde turbe di Cruz e a smorzare i momenti di tensione con la sua ironia. Importante è poi il colloquio con il medico interpretato da Giovan Battista Storti, che indirizza Cruz a una chat illecita dove entra in contatto con altre persone che come lei hanno venduto la memoria. È proprio in questa chat che Cruz conosce Lady, giovanissima amante passionale e misteriosa, interpretata dalla promettente Irene Vetere. Il passato si rifà spazio nella vita della protagonista quando torna da lei Holiver, Alberto Onofrietti, forse un grande amore perduto, forse un impostore che vuole solo il suo denaro.
La drammaturgia, quasi cinematografica, è costruita da brevi blocchi narrativi giustapposti, in cui le azioni si svolgono velocemente, al ritmo della forsennata ricerca di Cruz di punti e momenti a cui aggrapparsi.
Il ricco e complesso lavoro scenografico curato da Michele Iodice trasforma il palco in uno spazio fantascientifico, disorientante, e in una grande proiezione della mente della protagonista. Ciò avviene, sul fondo, tramite il riutilizzo di serbatoi in acciaio e del riflesso delle luci su di essi, la costruzione di arredi visionari e la sperimentazione di tecniche ologrammatiche.
R.A.M., spettacolo embrionale e fresco di debutto può senza dubbio offrire nel suo auspicato continuo sviluppo, una linea di indagine interessante per il teatro: per citare Ursula K. Le Guin, «La fantascienza non prevede; descrive».