scritto e diretto da Salvatore Cannova
con Salvatore Cannova, Eletta Del Castillo, Chiara Gambino, Salvo Pappalardo
elementi scenici e costumi Salvatore Cannova
luci Michele Ambrose
canzoni originali Stefano Bossi (Mind crows), Agostino Rocca (Mom&Dad)
assistente alla regia Alessandro Accardi
assistente volontaria alla regia Elena Snidero
produzione Teatro Franco Parenti
in collaborazione con Compagnia Fenice Teatri
con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”
grazie a Teatro Due Mondi / Casa del Teatro
Finalista Premio Scenario Infanzia 2022
Del giovane autore, regista e attore Salvatore Cannova – voce nuova del teatro contemporaneo – La festa di fine anno è uno studio antropologico, una radiografia della contemporaneità che vuole portare lo spettatore a riflettere sulla sua perenne condizione giudicante.
In scena problematiche generazionali vivono in un clima sospeso tra il sogno e la realtà. E un dj, non super partes, guida il pubblico verso un giudizio unidirezionale. La festa, però, non potrà più continuare e le persone potranno uscire. Non serviranno applausi.
NOTE DI REGIA
La festa di fine anno è un percorso di propriocezione sociale, di coscienza del mondo moderno. È una radiografia sottocutanea della contemporaneità. È uno studio antropologico che vuole portare a riflettere sulla perenne condizione (pre)giudicante che si ha rispetto a un altro essere umano. È un cammino che racconta l’altro lato della medaglia. Mostra come le circostanze della vita possano sviluppare le molteplici facce e i numerosi comportamenti che ci appartengono. Combattere contro i propri demoni e, contemporaneamente, apparire e (spesso) usare chi sta intorno per compensare, vendicare, dimenticare le proprie mancanze. Esattamente come questi personaggi: soli, isolati, incompresi. Vivono sull’orlo di un baratro che li attira inesorabilmente a sé e omettono ogni responsabilità per le loro azioni e le loro parole.
La festa di fine anno vuole dichiarare, senza mezzi termini e senza alcuna esclusione, che siamo vittime e carnefici dello stesso sistema. Viviamo costantemente tra il giudizio e il pregiudizio, incastrati in un circolo vizioso che tarda a cessare. Così, l’urgenza di portare una riflessione che ponga a tu per tu con noi stessi, mettendo il Teatro in un ruolo ambiguo, duro, scorretto. Nell’utopica speranza di un cambiamento sociale.
Ritengo che la società in cui viviamo pecchi di lungimiranza e si condanni, senza rinvio a giudizio, all’autodistruzione. Per questo l’obiettivo non è assistere a un semplice spettacolo bensì creare un percorso che vada a incidere sulla routine quotidiana, rendendo il rituale atto teatrale un detonatore per una vera rivoluzione sociale. Un’esperienza, quindi, che smuova chiunque la viva fino alla parte più remota e sconosciuta del proprio essere. Diventando un testimone, un complice, un protagonista. Il protagonista.
Sono alla ricerca di un’espressività che parli alla contemporanea era del terrore, che sussurri ai suoi piccoli, che urli ai suoi grandi. Un’espressività che svisceri paure inconsce, riaccendendo menti sedate e rinvigorendo speranze assopite. Un’espressività sociale.
– Salvatore Cannova