scritto e diretto da Giulia Lombezzi
con Alice Bignone, Ermanno Rovella, Camilla Violante Scheller
light design Fabrizio Visconti
movimenti scenici Franco Reffo
produzione Teatro Franco Parenti
Testo vincitore del premio Scena&Poesia 2018, del premio Anima Mundi 2019, e della menzione speciale al premio Calindri 2019
In un ospizio milanese due ospiti – l’Anna e il Pietro – si incontrano sotto un albero. Entrambi avanti con l’età, entrambi smarriti, si riconoscono, si tengono per mano, si raccontano. Attorno a loro si muovono figli sfiniti, infermieri disillusi, visitatori distratti, fantasmi del passato e della mente.
Un albero di lana cardata, sospeso nel vuoto, diventa confidente silenzioso di Anna, luogo di sogno, memoria e proiezione. Una lunghissima veste bianca, quella di Anna, diventa letto, camicia di forza, fasciatura da neonato, vasca da bagno, ali… Un costume-oggetto che racconta il corpo in balìa degli altri, la perdita di autonomia, ma anche la possibilità di trovare rifugio e bellezza nel gesto più semplice. Un megafono amplifica l’incomunicabilità tra le generazioni.
Attraverso il gioco fisico degli attori — che si tengono, si nascondono, si sostengono e si ostacolano — prende forma una drammaturgia del legame: una trama invisibile che ci unisce, ci protegge e a volte ci soffoca.
Ho scritto questa storia perché ho paura di invecchiare. Mi trovo spesso a chiedermi quando una persona viene definitivamente classificata come “anziana”, quali siano veramente le avvisaglie e cosa questo comporti, per la persona stessa e per chi le sta intorno. Mia madre una volta mi ha detto: “Quando in casa compare il termine cataratta, vuol dire che i tuoi genitori sono ufficialmente diventati anziani”.
L’Albero racconta la fine di una vita ordinaria, selezionando alcuni istanti del quotidiano di Anna, ospite in una casa di riposo, di sua figlia e di un giovane infermiere. L’Albero parla della difficoltà di “dare in affido” un anziano, delle contraddizioni del caregiving e soprattutto del dolore dell’anziano stesso, legato all’alienazione e alla perdita di autonomia.
Anna vive uno stato di smarrimento continuo, oscillando fra le ingiunzioni di una “figlia–madre” autoritaria e i vezzeggiativi di un operatore zelante ma sconosciuto. L’Albero è la storia di mia nonna. Di come si dice addio a sé stessi. Di chi ogni giorno vede gente guastarsi e di chi non accetta che a guastarsi sia la propria famiglia. Sembra una storia molto triste, invece, come molte cose tristi, è anche una storia tragicomica.
– Giulia Lombezzi