adattamento Alberto Oliva e Mino Manni
regia Alberto Oliva
con (in o.a.) Valentina Bartolo, Sebastiano Bottari, Francesco Brandi, Maria Eugenia D’Aquino, Matteo Ippolito, Massimo Loreto, Mino Manni, Sara Marconi, Camilla Sandri
scene Alessia Margutti
costumi Simona Dondoni
musiche originali Gabriele Cosmi
disegno luci Alessandro Tinelli
assistente alla regia Sara Marconi
Produzione Teatro Franco Parenti con la collaborazione della Compagnia i Demoni
Incubi, visioni al confine con la follia si alternano a scene di crudo realismo fra i vicoli di San Pietroburgo, bettole e squallide stanzine da cui si origlia, si respira con affanno, si piange e si ama.
La parabola esistenziale di Raskolnikov che uccide per sentirsi un’anima eletta e non una persona qualsiasi è il punto di partenza per un’analisi profonda sul mistero dell’uomo e sull’impossibilità di ogni giudizio che punti a dividere gli esseri umani in buoni e cattivi, vittime e carnefici, salvati e dannati. Il giovane studente commette il delitto e poi sprofonda in uno stato mentale che alterna una lucidità cinica e graffiante a momenti di delirio convulso. Attorno a lui ruotano personaggi deliziosi, dalla bella Sonja all’amico Razumichin, dalla vecchia usuraia uccisa per pochi spiccioli al disincantato Porfirji, e tanti altri in un affresco ricchissimo di umanità cui attingere per una vertiginosa discesa agli inferi.
NOTE DI REGIA
Lo spettacolo vuole entrare nella mente del protagonista, per vedere con i suoi occhi la Pietroburgo popolata di fantasmi, apparizioni, allucinazioni che dialogano con la realtà in uno scambio inquietante e angoscioso fra ricordi, premonizioni e fatti reali. Raskolnikov è un giovane come noi, in grande crisi esistenziale, che si chiude in se stesso, cercando una via d’uscita che gli consenta di svoltare. Il suo fallimento è il fallimento tipico delle anime che vivono ai tempi di una grande crisi. Questo rende i personaggi che popolano la Pietroburgo di Dostoevskij nostri contemporanei, che condividono con noi le stesse incertezze, la stessa impossibilità di programmare il futuro, condannati a vivere unne presente. A Pietroburgo si vive alla giornata, si vive di espedienti, di fughe dalla cruda realtà quotidiana, nell’alcol, nella fede, nei sogni o negli incubi, a seconda della propria indole.
A dispetto delle apparenze, corre sottile nel testo un filo di speranza, una fiducia nascosta in un futuro migliore, il soffio della fede che sussurra all’orecchio dei personaggi parole di speranza. Attraverso la sofferenza e il dolore, si arriverà alla redenzione e alla pace, in un lungo e faticoso percorso di redenzione. C’è un grande ottimismo nelle pagine di Dostoevskij, che ci consente di scavare nel nostro profondo per uscirne più fiduciosi nei confronti dell’umanità, in nome di una solidarietà sotterranea che ci unisce tutti in un comune destino.
E’ la ricerca dell’amore il motore di Delitto e castigo. E quando si trova, si apre la strada della redenzione.
Immagino lo spettacolo come un grande affresco corale, capace di dipingere un’umanità varia e bellissima che ruota attorno al protagonista, mettendone in luce tanti aspetti e arricchendo la sua esperienza di relazioni ed emozioni forti.
Alberto Oliva
Lo spettacolo fa parte di Prospettiva Dostoevskij
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