L’ospite del terzo e ultimo appuntamento di Electropark Exchanges sarà Marie Davidson, rivelazione dell’elettropop contemporaneo emersa dal prolifico epicentro culturale di Montreal, già attiva come membro degli Essaie Pas (DFA Records) e DKMD.
Da giovane promessa della vivace comunità sperimentale canadese in poco tempo ha affinato i suoi molti talenti, stupendo tutti con le sue prime composizioni a suo nome, pubblicando ‘Perte d’identité’ nel 2014 seguito da ‘Un Autre Voyage’ e dal recente ‘Adieux Au Dancefloor’, uscito l’anno scorso per Cititrax e menzionato da molti come disco dell’anno, rivelandosi artista matura e completa in possesso della giusta combinazione di confidenza come presenza dal vivo, vulnerabilità nella scrittura di testi e indubbie capacità vocali.
Georges Perec, geniale scrittore parigino, amava osservare dalla finestra il laborioso brulicare di forme, movimenti ed energie proprie di una metropoli. Diede così alle stampe una sorta di bestiario di spazi, cercando di mappare e mostrare diverse specie, come di norma viene fatto con le differenti specie del mondo degli animali o delle piante. Prendendo spunto dalla tassonomia, disciplina della classificazione, iniziò così ad analizzare i più vari ed eventuali dati spaziali, una stanza, una città, l’Europa, il mondo nella sua totalità. Un po’ per gioco ed un po’ come pretesto per parlare del suo rapporto con la letteratura, si accorse ben presto che doveva partire dal descrivere lo spazio proprio del foglio bianco che aveva davanti, con i limiti fisici imposti dal bordo ed il materiale con cui esso da circa un millennio viene fabbricato, cioè la carta. Quanti ettari di foresta occorreranno per permettergli di scrivere quello che ha in mente?
Marie Davidson tramite ritmi ipnotici, sintetizzatori minimali ed un lento declamare dei suoi testi riesce a descrivere e a dare forma a complessi stati d’animo, facendo immergere gli ascoltatori in ossessionanti immagini emotive e attraenti. La sua speciale lente d’ingrandimento mette a fuoco anche i particolari più insignificanti e reconditi, con un’indagine del quotidiano su più livelli, penetra nelle pieghe più nascoste e negli anfratti generalmente trascurati o rimossi. La scrittura della giovane artista canadese darà origine ad uno spazio sonoro ed emozionale che, sfuggendo alle pareti grezze della Sala Testori, potrà espandersi a sua volta in un altro spazio, quello vivente dell’esperienza e nel ricordo degli spettatori.