Conversazione con Marco Malvaldi e Giulio Giorello
L’infinito tra parentesi. Storia sentimentale della scienza da Omero a Borges
in collaborazione con Rizzoli
Ben prima degli studi di Maxwell sul tempo di rilassamento dei liquidi, Lucrezio intuì che molecole di lunghezza differente scorrono con tempi differenti. Anche Gozzano, in una delle sue poesie più belle, descrive con precisione l’imprevedibilità di una crepa, oltre che la viltà di un giovane pattinatore di fronte a una donna innamorata. E questo molto prima che i matematici dimostrassero l’impossibilità assoluta di predire l’evoluzione di alcuni sistemi. “Ahimè, non mai due volte configura il tempo in egual modo i grani!” scrive Montale: non è forse questa l’entropia? E Borges sa – forse meglio dei neuroscienziati – che “aver saputo e aver dimenticato il latino è un possesso, perché l’oblio è una delle forme della memoria.” La poesia arriva prima? Forse. D’altra parte, però, il linguaggio degli scienziati è fatto spesso di analogie, esattamente come quello dei poeti. La poesia e la scienza, ci spiega l’autore vagabondando tra un secolo e l’altro, non sono opposte, non lo erano alle origini e non lo sono oggi, che si concepiscono entrambe come tensione alla conoscenza del mistero del reale.
Marco Malvaldi, scrittore, chimico e ricercatore dell’Università di Pisa, è una delle voci più celebri del giallo italiano. I suoi romanzi, pubblicati da Sellerio, entrano regolarmente nelle classifiche dei libri più venduti. Rizzoli ha pubblicato Le regole del gioco (2015), L’infinito tra parentesi (2016) e Le due teste del tiranno (2017).
Giulio Giorello è Professore Ordinario di Filosofia della scienza all’ Università degli Studi di Milano. È stato inoltre Presidente della SILFS (Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza) e dirige, presso l’editore Raffaello Cortina di Milano, la collana Scienza e idee. Collabora alle pagine culturali del Corriere della Sera.