Esplosivi, magnetici, poetici. Potrei continuare usando tutti gli aggettivi possibili relativi all’eccellenza e non sbaglierei. Perché lo spettacolo con Alfonso Barón e Luciano Rosso, con la regia di Gaido Hermes, è veramente un piccolo gioiello.
Entriamo nella sala grande del Parenti. Ad accoglierci le solite voci prima dell’inizio, il chiacchiericcio insistito del pubblico. Sul palco ci sono già Alfonso e Luciano. Fanno stretching a scena aperta, li vediamo nella loro eleganza, nella loro bellezza.
Hanno due corpi asciutti, atletici, nulla a che vedere con la bellezza da discount delle copertine patinate, con la bellezza da palestra dei finti sportivi. Hanno corpi asciutti, segaligni, non un filo di grasso. Sono un concentrato di muscoli e nervi pronti ad esplodere.
Già i primi movimenti durante il riscaldamento denunciano un assoluto controllo del corpo. Quando li ho incontrati fuori dal teatro la produttrice ha cercato di tradurre le mie parole usando un eufemismo, usando la parola arrabbiato.
Ho tenuto a precisare che i loro corpi mi fanno incazzare. Perché quel controllo, quell’eleganza, quella forza che loro esprimono sono fuori dai canoni a cui la nostra società ci ha abituati. Sono esempio di un nuovo modello di bellezza, per me irraggiungibile. Per questo a loro va la mia benevola invidia.