di Fabrizio Sinisi
regia Claudio Autelli
con Alice Spisa, Umberto Terruso, Anahi Traversi e Angelo Tronca
disegno luci e allestimento Giuliano Almerighi
suono e musiche Gianluca Agostini
video Chiara Caliò
costumi Diana Ferri
cura del movimento Lara Guidetti
assistente regia Valeria Fornoni
produzione Teatro Franco Parenti / Centro Teatrale Bresciano / LAB121
con il sostegno di Funder35, Fondazione Cariplo e ZonaK
Il reale ha vinto
ha vinto ufficialmente
possiamo finalmente
smettere di combattere
la catastrofe possibile crea ansia
ma la catastrofe certa invece
crea allegria
auguri e congratulazioni.
In una Venezia contemporanea e avveniristica, nel suo ultimo giorno prima dell’affondamento, la vicenda di quattro ragazzi si fa metafora della fine del mondo.
Il dramma ecologico in atto sul nostro pianeta è qui indagato attraverso il rapporto padri-figli, relazione ancora una volta al centro della ricerca di Fabrizio Sinisi.
Protagoniste due coppie di fratelli. Su di loro gravano le ombre delle vicende familiari e dei genitori, tragici, imperfetti e disastrosi. In una Venezia rovente, città simbolo di questo declino, la catastrofe ambientale diventa specchio di quella familiare, e viceversa.
Claudio Autelli porta in scena il confronto finale tra i quattro personaggi, metafora della fine del mondo.
Ormai da anni il tema della catastrofe ecologica è all’ordine del giorno nel dibattito mediatico: molti scienziati ci mettono in guardia sull’imminente raggiungimento di un fatidico “punto di non ritorno”, un momento oltre il quale il disastro ambientale in atto non sarà più reversibile. Nonostante questo, nessun senso d’allarme percorre realmente la nostra quotidianità. Nell’imperturbabilità del mondo all’allarme ambientale, possiamo scorgere i frammenti dell’immenso, spaccato, rapporto padri-figli: sono stati i padri, simbolicamente, ad assentarsi dalla responsabilità della “buona tenuta del mondo”. E i figli, a loro volta non innocenti, rimangono colpevoli non spostandosi dalla concezione dei padri, ma cercando anzi di imitarli, di riprendere i loro stessi percorsi e i loro stessi desideri. La loro battaglia – nevrotica, incapace, scomposta – è una guerra di figli lasciati soli dai padri in una causa forse già persa, bambini lasciati soli in una casa in fiamme. La generazione dei padri non andrà quindi “continuata”, ma rimessa radicalmente in discussione – combattuta, superata, costruendo fin da subito, rispetto ad essa, una storia alternativa e un destino possibilmente diverso. I padri possono e devono essere combattuti: non fuori, ma dentro di noi.
Fabrizio Sinisi
Due sono i livelli di azione. Quello dell’invito di Atena a festeggiare sulla sua nave la fine del mondo e quello dello spettacolo che devono mettere in scena gli attori invitati alla serata.
Due sono i piani tematici. Quello “macro”, legato al surriscaldamento globale e alle responsabilità dell’uomo nei confronti della propria annunciata fine, e quello “micro”, legato alle storie private dei protagonisti. Nell’avvicinarsi all’ora x, tutti i piani cominciano a collassare uno sull’altro, dando luogo a un coro composto da una generazione che sembra essere stata lasciata dalla generazione precedente, senza i giusti strumenti per interpretare il drammatico presente. Una generazione che si trova, forse, per la prima volta a interrogarsi sulla possibilità di una prossima propria estinzione. Il palco del “galà” di Atena accoglie l’emergere delle contraddizioni tra i fratelli, li vede fronteggiarsi uno davanti all’altro, davanti al pubblico invitato al grande evento. Ci guida in un gioco che cerca il cortocircuito continuo tra la realtà del palco e la non più così tanto distopica situazione della festa per l’ultimo giorno della città di Venezia.
Claudio Autelli