Farà giorno. Generazioni a dialogo
a cura di Mattia Rizzi
Un appartamento ricolmo di libri e bagnato dalla luce calda delle lampade è il micro-cosmo di Renato, tipografo in pensione e vecchio partigiano comunista, il cui corpo è segnato dalle cicatrici della guerra combattuta da giovane. A vegliare sulla sua abitazione è un laico nume tutelare, un ritratto di Gramsci che troneggia al centro della parete di fondo. Testimone silente, l’intellettuale sardo assiste alle vicende della pièce diretta da Pietro Maccarinelli, che porta sul palco Antonello Fassari in veste di ottimo protagonista.
Renato è stato investito per errore da Manuel, giovane con simpatie di destra a cui hanno già ritirato la patente e che teme quindi di finire in carcere per aver «stirato» il suo vicino di casa. Renato gli fa una proposta: se Manuel lo accudirà durante la sua degenza, non andrà a denunciarlo alla polizia. Dapprima titubante, il ragazzo accetta l’offerta e inizia così una convivenza forzata che si rivelerà per lui stravolgente.
Manuel è un «camerata» la cui fede politica, frutto della sua ignoranza e di una grande frustrazione, è resa plasticamente dal colorito romanaccio e dalla concreta gestualità del bravo Alberto Onofrietti. È evidente che lui e Renato non possano essere più diversi: lontani per ragioni anagrafiche e storie familiari, agli antipodi per visione del mondo e ideali, il vecchio e il giovane impareranno a camminare lungo i pochi sentieri in comune. Grazie alla ferma azione pedagogica di Renato, Manuel inizierà un lento percorso di miglioramento, fatto di passi in avanti, cadute, tradimenti e rimorsi.
A complicare il già anomalo rapporto tra i due è la figlia di Renato, Aurora, che non vede suo padre da trent’anni ed è interpretata dalla brillante Alvia Reale. Terrorista rossa negli anni Settanta, la donna era stata coinvolta in un omicidio politico e quindi condannata al carcere. Completati gli studi, lavora ora come medico volontario in Africa e si è lasciata alle spalle la lotta armata.
Con l’ingresso del terzo personaggio, lo spettacolo mette in scena un vivace dialogo fra tre generazioni diverse ma desiderose di venirsi incontro: vecchi che hanno combattuto per restituire la democrazia al proprio paese; padri e madri che si sono illusi di poter creare un mondo nuovo là dove i loro genitori avevano fallito; figli abbandonati a sé stessi che «seppelliscono la loro coscienza sotto simboli di morte». L’insolito terzetto riuscirà a fare i conti con i fantasmi del proprio passato e con le insicurezze del proprio presente?
La commedia in due atti di Menduni e De Giorgi diverte e commuove, pungola e provoca ma soprattutto consegna, tramite Renato, un luminoso messaggio di speranza: anche sotto le bombe, mentre si aspetta che passi la lunga notte, si ha comunque la certezza che domani farà giorno un’altra volta.