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La leggenda del santo bevitore

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La leggenda del santo bevitore

In scena il testo di Joseph Roth che, con la sua anima di poeta, ha regalato in poche pagine, limpide e asciutte, una di quelle storie che fanno subito breccia nel nostro cuore.

Sarà il maestro Carlo Cecchi, con quella sua voce roca, quel suo tono ironico e distaccato, a disvelare la parabola del protagonista Andreas come un’inquietante discesa nel delirio, ma soprattutto nell’impotenza, di quella oscurità ubriaca e piena di lampi che scandisce i suoi ultimi istanti di vita. Maria Grazia Gregori

La lettura di Ruth Shammah è fortemente simbolica. La sua elaborazione drammaturgica è ricca di suggestioni e articolata su vari livelli interpretativi. (…) Insomma, la Shammah ci ha offerto, ancora una volta, una gran bella pagina di teatro.
Maurizio Carra – Teatrionline


Rifuggendo il pittoresco, giocando in penombra, alla regista milanese basteranno gli accenni di qualche nostalgica canzoncina e una scena minima che rappresenta un bistrò le cui pareti ricevono le immagini di una Parigi piovosa e d’antan (…) lo spettacolo è di quelli che possono lasciare un segno.
Domenico Rigotti – Hystrio


La fine regia di Andrée Ruth Shammah situa la vicenda, che assume i colori dell’apologo, in un bar anni Trenta (…) e tratteggia l’impossibilità di agire del protagonista, la sua vicenda raccontata come un’inquietante discesa nel delirio, ma sopratutto nell’impotenza, in quella oscurità ubriaca e piena di lampi che scandisce i suoi ultimi istanti di vita.
Maria Grazia Gregori – L’Unità


Quanto alla lettura è tutt’altro che tradizionale. La vita sregolata di Andres, nella visione di Shammah, è priva di sensi di colpa e conduce comunque a una bella morte, chiusura di un’esistenza vissuta in un secondo.
Igor Principe – Il Giornale