Cos è il Teatro? Cosa deve succedere perché le persone sedute in sala diventino un tutt’uno con lo spettacolo? E cosa deve succedere perché si fermi il tempo e gli spettatori non sentano la necessità, o anche solo il piacere, di controllare il proprio cellulare? Per rispondere a queste domande basterebbe seguire le reazioni di un bambino durante uno spettacolo per cosiddetti grandi (io lo so perché l’ho fatto spesso quando mio figlio era piccolo e veniva con me a teatro). Ebbene, se gli attori sentono la necessità di dire quello che stanno dicendo, se sono lì per dire al pubblico cose per loro importanti e non solo per far vedere quanto sono bravi, quel bambino, anche senza capire quello che si sta dicendo, starà teso a guardare e ad ascoltare. Ma se sul palco non si vive l’eccezionalità di questo rapporto con il pubblico, il bambino stacca, si distrae, comincia a muoversi, vuole alzarsi. Allora, quando dal palco arriva una vera tensione, fisica e aggiungerei etica, verso di noi seduti in sala al buio con aperti il cuore e la mente, quando le parole scritte dall’autore sia esso un classico o un contemporaneo (anche se questa separazione è a mio avviso assurda perché un grande autore riproposto oggi rispettandolo e cercando di alzarci noi verso lui e non di abbassarlo verso di noi è sempre contemporaneo), quando queste parole sono dette con il giusto mestiere e fantasia da attori ben guidati e motivati nel comunicare quelle parole in quel contesto a quel pubblico, ecco a quel punto, ogni artista scelga il linguaggio che si è accanito a rendere il più espressivo possibile e… c è davvero poco da aggiungere.