«Si cerca, con le parole, la verità, il senso delle cose (…) Tale ricerca procede con la coscienza che la verità sfugga o si travesta o non si lasci afferrare, e che la lingua umana sia sempre esposta al rischio di diffondere rappresentazioni fallaci e, dunque, debba sempre vigilare sui propri meccanismi per il bene comune». Trovo questa frase nell’introduzione di «Viva il greco» (Garzanti), nuova opera del funambolico Nicola Gardini. Una lingua, il greco antico, per cui non ho mai avuto il talento e la passione dell’autore, ma mi ha sempre affascinato, fin dal ginnasio. Mi sembrava precisa, e di precisione c’è bisogno, quando si apre bocca. Ai tempi di Tucidide e ai tempi di Twitter.