Così è (se vi pare): come parla la verità
di Margherita Mortara
Viene detto fin da subito: Così è (se vi pare) è una storia che «non si capisce facilmente», anzi, più ci si avvicina alla fine, meno si comprende. Nondimeno, Geppy Gleijeses ha trovato una modalità di rappresentazione che espone chiaramente questo classico pirandelliano, arricchito da soluzioni moderne, oltre che dalle interpretazioni magistrali di Milena Vukotic (la signora Frola), Gianluca Ferrato (il signor Ponza) e Pino Micol (lo zio Lamberto).
A sipario chiuso una voce maschile introduce il pubblico alla famosa teoria del cannocchiale rovesciato. Subito dopo, la scena si illumina della luce di tre ologrammi, che diventano poi quattro, cinque e infine otto. Sono le immagini di altrettanti uomini e donne, poco più alti di mezzo metro, che incontriamo mentre battibeccano fra loro. Questi personaggi risultano ancora piccoli, così come piccola appare la questione che li fa tanto discutere.
Ad animarli è la storia incentrata sul signor Ponza e sua suocera, la signora Frola. Da poco arrivati nel paese, hanno attirato su di loro l’attenzione di tutti per lo strano rapporto che li lega: sono senza dubbio molto uniti, ma nessuno ha mai visto l’unica persona che spiega tale vicinanza, ovvero la figlia della signora Frola e moglie del signor Ponza. Pare che resti sempre chiusa in casa: forse lui la costringe? Veramente la povera madre è costretta a parlare con lei solo dalla finestra, senza poterle stare accanto? Non si cura di lei? Man mano la vicenda assume proporzioni sempre maggiori anche per il pubblico in sala, spettatore di un dialogo da cui viene progressivamente inglobato. La scena si arricchisce: i personaggi, prima spettri fluttuanti, diventano persone in carne ed ossa, assumono dimensioni reali, i loro dubbi e le loro perplessità diventano nostri. Il signor Ponza e la suocera diventano due poli opposti e pare assolutamente necessario schierarsi, scegliere a chi credere. Salvo poi scoprire che «ognuno racconta la sua realtà».
Così è (se vi pare) è una storia fatta di molte domande, che prova a dare molte spiegazioni e non fornisce nessuna certezza: aspettiamo, insieme ai personaggi, di veder chiarita una vicenda che è destinata a non chiarirsi mai. Simbolicamente, il versante più oscuro della storia è incarnato da personaggi vestiti solo di nero, che portano sulla scena luci fredde e che si dissolvono dietro a specchi come fantasmi. Coloro che provano ad opporsi alla presunta follia della situazione e insistono nello svelare la realtà dei fatti, dovranno infine ammettere che la loro ricerca è stata infruttuosa quando a parlare sarà la verità in persona: «Io sono colei che mi si crede». Ecco come parla la verità.