Gli analfabeti dei sentimenti: Scene da un matrimonio.
di Claudia Maria Baschiera
Non è ancora iniziato lo spettacolo e un sipario mezzo aperto svela le vite ordinarie e tranquille di Giovanni e Marianna, protagonisti di Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, per la regia di Raphael Tobia Vogel. Camminano qua e là tra i locali della loro casa, inconsapevoli di essere sotto gli occhi di una platea di spettatori. Le tende finalmente si aprono, mostrando le due stanze in cui si svolgeranno tutte le vicende: un salotto e una camera da letto, di egual misura, separati da un muro che divide in due perfette metà lo spazio scenico, come se intimità e vita pubblica fossero di uguale importanza nelle esistenze dei due protagonisti.
Marianna e Giovanni compongono quella che potrebbe sembrare, a uno sguardo esterno, la coppia perfetta: avvocato divorzista lei, professore universitario lui, i due sono belli e giovani, si amano e non litigano mai. Convivono da anni in un apparentemente felice matrimonio, hanno due figlie piccole (mai presenti in scena) e passano un’esistenza tranquilla e ordinaria, tra serate a teatro e domeniche a pranzo dai genitori di lei. Eppure, nell’intimità della loro camera da letto cominciano già a intravedersi i segni di qualche piccolo malcontento. È da subito prevedibile, dunque, che la loro condizione idilliaca lasci ben presto spazio a un conflitto che non saranno più in grado di dissimulare. Tra amore e odio, il racconto della storia dei due coniugi è diviso in otto quadri che ben descrivono le montagne russe del loro rapporto.
L’intero peso della rappresentazione grava sulle spalle di Fausto Cabra e Sara Lazzaro, volti perfetti di una coppia che rivela audacemente il pericolo della smania dell’apparenza delle famiglie borghesi. Cabra, diretto in passato da Luca Ronconi in quella monumentale opera che è Lehman Trilogy, calza i panni di un uomo in prima battuta affascinante, ma così impaurito da sé e dagli altri da rifugiarsi nell’adulterio e nella disperazione. Lazzaro, presenza fissa a teatro come nel cinema e in televisione, interpreta una donna brillante che inizialmente si vede solo come moglie e madre e che dovrà imparare a riconoscersi e a recuperare una sé stessa intrepida e combattiva.
Vogel dirige una messinscena che fa delle parole e delle luci le sue protagoniste: in una casa che diventa sempre più spoglia, scena dopo scena, sono proprio questi due elementi a mostrare i veri stati d’animo e i tormenti di una giovane coppia che odora di vecchio. Abbandonati gli oggetti di una vita minimale e monocromatica, il giovane regista è libero di mettere in scena personaggi che si mettono finalmente a nudo sotto una luce abbagliante, mentre la neve cade su di loro, su un letto posto davanti al proscenio. Ci salutano così, Marianna e Giovanni, esattamente a metà tra camera e salotto.