Il Franco Parenti e Milano: una lunga storia d’amore
di Mattia Rizzi
Il sipario della sala Grande è semichiuso. Davanti al tendone rosso ci sono solo Andrée Ruth Shammah e un tavolino di legno malandato: è lo stesso dell’Edipus di Testori, interpretato allora da Parenti e diretto da Shammah. Basta poco perché tre delle tante anime che hanno dato vita al Salone Pier Lombardo siano di nuovo riunite simbolicamente sul palcoscenico.
Nel 1972 Franco Parenti, Andrée Ruth Shammah e Giovanni Testori, insieme al filologo Dante Isella e allo scenografo Gian Maurizio Fercioni, fondarono il Salone Pier Lombardo scegliendo la forma della cooperativa: erano gli anni in cui si registrava la crisi dei teatri stabili, ma una nuova realtà si sarebbe presto affacciata sul panorama milanese e nazionale. Il Salone divenne infatti un punto di riferimento di vitalità artistica e culturale, un centro polivalente con un pubblico misto e vivace. La conferenza stampa con cui è stata presentata la stagione teatrale di quest’anno è diventata dunque anche un momento di bilancio.
Oggi, dopo mezzo secolo di attività, i tempi sono maturi per riflettere su quel legame inscindibile tra il Parenti e Milano, su quella «storia d’amore» che tuttora si percepisce in maniera così vivida. Galeotta fu anche Andrée Ruth Shammah, il cui merito è aver costruito un luogo in cui i sogni, la sete di cultura, l’impegno sociale hanno trovato la propria casa. Che il Franco Parenti sia stato uno dei cuori pulsanti di Milano lo testimoniano le tante iniziative organizzate in questi decenni: L’Arialda di Testori (1976-77), Alla ricerca della Milano perduta (1982-83), L’Aldalgisa di Gadda con la regia di Shammah (1992-93) e molte altre.
La conferenza è stata anche un’occasione per riunire non solo giornalisti e rappresentanti delle istituzioni, ma anche amici e benefattori del Teatro. L’assessore alla cultura Tommaso Sacchi ha ricordato che il Parenti è stato ed è ancora espressione sintetica di come Milano sia sempre in grado di mettere in discussione il teatro, facendolo diventare luogo di dibattito e di politica. Pier Gaetano Marchetti, invece, ha rimproverato a Shammah l’uso esagerato del tempo passato, ribadendole di essere ancora «in un presente e in un futuro continuo».
Un bel messaggio inviato da Ferruccio De Bortoli riassume infine l’intento della mattinata: «Un grande teatro è cuore e anima di una città, un luogo per ritrovare un senso della vita, ma il Teatro Franco Parenti è qualcosa di più, è la linfa vitale del nostro modo di essere comunità». Una comunità, ora come allora, ben radicata nella città milanese. A piantare i semi di questo rapporto è stata anche Andrée Ruth Shammah. Che cosa sarebbe oggi Milano senza di lei?