La vicenda nazista non fu “ineluttabile”
di Lorenzo Cazzulani
Andrea Vitello ricostruisce magistralmente, con il supporto di documenti e fonti storiche scoperte nei polverosi scaffali di biblioteche europee e mediorientali, la vicenda di Georg Ferdinand Duckwitz, nazista tedesco che visse una vera e propria esistenza eroica, salvando settemila ebrei danesi dalla deportazione.
L’incontro presenta quattro oratori: Francesca Cucchiara, consigliera comunale; l’autore del testo; Anna Polo, direttrice dell’agenzia online per cui Vitello scrive articoli e Moni Ovadia, noto attore di origine bulgara, ebreo di nascita.
La summa generale degli interventi può essere ricondotta a un unico fine: mostrare come, nelle stesse parole dell’autore, l’avvento del nazismo e delle sue barbariche conseguenze non fu un fatto «ineluttabile»; il popolo danese ne è un esempio. La Danimarca, infatti, dopo l’occupazione nazista presentò una pacifica ma ferrea resistenza all’invasore. «Quando un gerarca nazista entrava in un locale, gli avventori al suo interno ammutolivano all’istante; questi si alzavano e uscivano», racconta Vitello. Lo stesso facevano quando un membro delle SS saliva su un treno: i danesi si spostavano immediatamente nella parte esterna, lasciandolo solo al coperto. Queste strategie, di certo definibili “eccentriche”, ebbero un segnale forte; era il segno che un intero popolo resisteva, che non si piegava allo strapotere di Hitler, fermo però sulla volontà di non spargere sangue inutilmente. La conseguenza fu che i nazisti divennero restii a entrare in negozi e caffè, angosciati e timorosi di subire nuovamente l’imbarazzante e fredda accoglienza da parte danese. Il risultato fu che le Leggi di Norimberga non furono mai applicate in Danimarca.
In questo contesto, quindi, deve essere ricondotta la vicenda di Duckwitz: un eroe tedesco che, sulla scorta di un clima favorevole al boicottaggio nazista, aiutò migliaia di ebrei a emigrare in Svezia, terra non occupata e neutrale.
Se le divagazioni di Andrea Vitello si perdono nell’appassionata ricostruzione degli episodi cardine del suo libro, il commento di Moni Ovadia è invece interamente dedicato alla ricerca di quale possa essere oggi l’attualità di una vicenda vecchia quasi ottant’anni. Il principale parallelismo trovato dall’attore è quello tra deportazione nazista e morti in mare nel Mediterraneo. Come la Svezia ha accolto indiscriminatamente migliaia di ebrei sfuggiti ai campi di concentramento e sterminio, così l’Europa, oggi, non si può sottrarre alla nuova imperante barbarie: soccorrere migliaia di profughi africani che dalle coste delle Libia fuggono a torture e fame per tentare un’esistenza più umana nel Vecchio Continente, sfidando coraggiosamente il mortale tragitto del Mediterraneo orientale.
Come il nazismo, la tragedia dei morti in mare non è ineluttabile: gli individui, ci ricorda la vicenda danese e più in generale quella di Duckwitz, possono cambiare la direzione della storia.