Limbo: estratto da un bestiario romano
di Angelica Ferri
Per uscire dal limbo basta compiere una scelta? Basta sentirsi sicuri di ciò che si è per trovare sé stessi? Francesco De Carlo, comico e conduttore classe ’79, nel limbo ci è cresciuto, imparando a convivere con l’angosciosa ricerca della propria identità, fino ad essere in grado di intrattenere il pubblico per due ore prendendosi gioco di sé e delle sue insicurezze.
Trascorre la sua infanzia a Roma tra i palazzi di Portuense, quella striscia di terra abitata che separa il ricco quartiere benestante di Monteverde e la criminale povertà della Magliana. Da bambino andava a scuola tra coetanei ben vestiti e imparava ad essere educato e gentile, mentre al pomeriggio seguiva le lezioni dei compagni del parchetto su come truccare i motorini. È proprio questo suo quartiere con gli amici di sempre, i criminali e le villette radical chic ad essere un infinito limbo ed è in questo luogo di quotidianità contraddittoria che nasce il suo ultimo spettacolo.
Dopo qualche battuta per rompere il ghiaccio e riscaldare le risate della sala, Francesco ripercorre le comiche e incredibili vicende che in due giorni gli hanno cambiato la vita durante l’estate scorsa: tutto parte dal rapimento di Bruno, storico compagno di avventure del comico, che durante l’intera l’adolescenza lo ha accompagnato a spasso per la capitale sulle sue due ruote, con il motore scoppiettante, troppo spesso senz’olio, e abbandonato senza catena.
Gli aneddoti corrono veloci e l’incessante susseguirsi di scene di vita dona agli spettatori una storia che somiglia ad un viaggio eroico dei migliori romanzi, che rimane però ancorato a personaggi e luoghi autentici, appartenenti ad un universo di incongruenze fatto di coatti monosillabici, barche a vela, partite Juve-Roma, abiti eleganti e sfide a calcetto.
Con questo spettacolo l’ex componente dei Folli Portuensi (nome della rock-band fondata da Francesco, o meglio, dal Deca e dai suoi amici) torna alla sua adolescenza e ai suoi ricordi di bullismo fisico e psicologico, fatta da ragazzini con nomi animaleschi come er viperetta o er gorilla. Il comico ripercorre le tracce del suo passato ma ci torna con la contezza di un adulto e la consapevolezza di aver trovato un posto nella società e un lavoro che lo rende felice, incontrando però ancora i suoi compagni di gioventù fermi a dove li aveva lasciati, in quel limbo dove per essere felici bastano una panchina e un pallone.