Note a margine: del feretro. Intervista a Riccardo Pippa
a cura di Chiara Narciso
Una camera ardente: il momento intimo di reazione alla perdita e, insieme, scenario ospitante le molteplici possibilità di topoi umani che si approcciano al tema della morte. Note a margine è il nuovo lavoro del Teatro dei Gordi presentato in anteprima nazionale al Teatro Franco Parenti: per la prima volta in scena l’intera compagnia. Ne abbiamo parlato con il regista, Riccardo Pippa.
Da dove nasce Note a Margine e come si posiziona nel lavoro de I Gordi rispetto alla trilogia degli spettacoli passati?
Sentivamo la voglia e la necessità di indagare un momento come la veglia, distinto dal funerale che, al contrario, segue una ritualità definita. La visione del corpo, la sua venerazione e la chiusura della bara forniscono un’immagine della morte differente rispetto alla narrativa del rito funebre. Per questo abbiamo deciso di lavorare sulla circostanza estemporanea immediatamente successiva al decesso. Rispetto al lavoro precedente de I Gordi, Note a margine vive una maggiore presenza della parola: le espressioni non raccontano ma sono dei tentativi di dire qualcosa. Sono i cortocircuiti del linguaggio che ci interessano, mai utilizzato per progredire nel racconto o per delineare una caratterizzazione psicologica marcata dei personaggi. Nella situazione che abbiamo analizzato è stato essenziale approcciarsi anche al dovere di dire qualcosa, alla necessità di esprimersi e di riconoscersi nelle volontà degli altri.
Come si sta evolvendo nei vostri spettacoli il lavoro sulla maschera e sulla messa in scena?
Rispetto ai personaggi è innanzitutto utile evidenziare che in Note a margine non ci sono più le carrellate di caratteri che entrano ed escono, ma tutti gli attori una volta in scena rimangono sul palco nelle stesse vesti. Scompaiono poi definitivamente le maschere che in Pandora, sebbene non sia propriamente uno spettacolo di maschera, avevano fatto alcune apparizioni. Da evidenziare la presenza dell’intero cast di attori della compagnia che si affianca a quella esterna di una bambina. L’obiettivo era includere nel racconto un’età e un punto di vista diverso rispetto a una tematica che volevamo affrontare con ironia e con una prospettiva verso il futuro. La morte come tema rimane sullo sfondo, come situazione che fa da lente di ingrandimento a una serie di dinamiche proprie dell’essere umano. Non ci interessa analizzare la tragedia, anzi partiamo dal momento subito successivo con dei tentativi di trascendenza, anche straziante, che permettono di superare la situazione iniziale.
Perché avete scelto di rappresentare fisicamente la morte, facendo interagire la persona deceduta con gli altri personaggi?
Il fantasma ci permette di raccontare, attraverso l’interazione fisica, i pensieri e le emozioni dei partecipanti, così come le loro differenti relazioni con la defunta e i diversi modi di sentire il lutto. Nei funerali c’è il racconto, la parola che elabora, che mette in ordine. Qui nella veglia siamo in una fase precedente, di presa di coscienza e distacco dal corpo e abbiamo cercato per questo un linguaggio altro per veicolare questo genere di emozioni. A un certo punto, grazie a questa intromissione, gli individui isolati, ognuno con le proprie caratteristiche, divengono un amalgama, un gruppo che si ritrova.
Cosa significa Note a margine?
Andare oltre la finitudine delle cose. Non è solo l’assunzione della fine, ma il ricercare anche teatralmente il modo di affrontare e di agire rispetto alla condizione di partenza. Le note a margine sono tutti quei tentativi di smarginare, di superare ciò che essendo limitato, finisce.