Sik Sik. Un dialogo tra scrittrici: l’incontro con Elisabetta Rasy e Daria Bignardi
di Chiara Narciso
Ad ospitare questa tipologia di incontri tra ospiti e pubblico è sempre l’intimo spazio del Café Rouge, che li trasforma in una serena chiacchierata tra conoscenti. Il tema questa volta è il lancio di una collana di HarperCollins dedicata a scrittori del passato scelti e raccontati da scrittori contemporanei. Dio ci vuole felici. Etty Hillesum o della giovinezza è il primo volume, in cui Elisabetta Rasy fa dialogare la protagonista con una serie di altre figure femminili coeve, appartenenti alla realtà o a mondi fittizi. Da Simone Weil a Micol Finzi-Contini, tutte condividono il loro vissuto nel contesto storico della Seconda Guerra Mondiale o del dopoguerra.
A condurre l’incontro è Daria Bignardi, che si rivolge alla scrittrice chiedendole perché tra tante figure ha scelto proprio quella di Etty Hillesum. Rasy parla di un desiderio maturato inconsciamente nel corso dei decenni della sua attività, nato probabilmente dalla lettura della prima edizione del diario della scrittrice olandese a metà degli anni Ottanta. Ai tempi, la pubblicazione aveva suscitato anche diverse polemiche, poiché Hillesum ha vissuto le atrocità dell’Olocausto ma scriveva principalmente di amore e delle sue avventure; difendeva la gioia di vivere, spiega Rasy, malgrado vivesse nei tempi più feroci che si possano immaginare. «Vi è uno strano miscuglio nella sua persona tra un modo di essere estremamente inquieta, tormentata, fragile e un modo di essere speranzosa, gioiosa e ricca di energie», conclude la scrittrice in relazione alla domanda di Bignardi.
La stessa Rasy intreccia alla vita di Hillesum la sua, con ricordi a cui fa da sfondo l’Olanda vissuta da Etty e, inizialmente, porto sicuro per gli ebrei durante la guerra. Così si spiega anche l’immagine della bicicletta in copertina, protagonista delle avventure di Etty tra le strade di Amsterdam e successivamente simbolo delle proibizioni attuate nei confronti degli ebrei. In un tormentato mescolarsi di amori non definiti e di malesseri del corpo e dello spirito, si materializza un romanzo di formazione che traccia i rapporti speciali della scrittrice con tutto ciò a cui si approccia: da Dio allo studio della lingua russa, dal sesso alla preghiera.
Hillesum, spiega Rasy, chiarifica la sua volontà di essere ricordata dai posteri come scrittrice. Poco prima di compiere trent’anni, quando diviene consapevole della possibilità di non uscire più da Auschwitz, affida i suoi scritti in modo che possano essere letti in futuro. Pur avendo avuto modo di salvarsi dalla condanna del campo di concentramento, Etty decide di condividere il destino del popolo ebraico andando incontro alla sua morte. A chi critica Dio che non aiuta il suo popolo lei, infine, risponde come si legge nel libro: «Noi dobbiamo aiutare Dio partendo da noi stessi e dalla nostra responsabilità». «E questa è l’eredità che [Hillesum] lascia al mondo che non avrà vissuto», conclude Rasy.